Quello che Framasoft vuole fare insieme a te nel 2021

Per iniziare bene l’anno ho tradotto da Framablog il post Ce que Framasoft aimerait faire en 2021 grâce à vos dons. Ho pensato di accompagnare la traduzione del testo con una versione in podcast, potete ascoltare le cinque puntate a questo indirizzo: https://funkwhale.it/library/albums/232/

Questa traduzione di NILOCRAM è distribuita con licenza Creative Commons By-SA 4.0.

Un ringraziamento a Framasoft per tutto il lavoro di questi anni (qualche effetto si vede anche da questa parte delle Alpi) e anche agli amici di Devol, per i loro servizi liberi e decentralizzati.


Per l’anno 2021, Framasoft ha ancora molti desideri (quelli non ci mancano mai !): educazione digitale popolare, sviluppo del software che manteniamo e azioni per partecipare alla decentralizzazione del web. Qui ti presentiamo le principali azioni che prevediamo di intraprendere il prossimo anno. Tuttavia, se il 2020 ci ha confermato qualcosa, è che nulla può essere dato per scontato, che tutto può essere capovolto. Perciò questa non è una Roadmap (tabella di marcia) incisa nel marmo, ma una fotografia della nostra to do list (o ” lista delle cose da fare “) per il 2021. Ecco quindi quello che abbiamo in programma di fare il prossimo anno, se il mondo non ci fa rivedere i nostri piani a metà anno, e se ce la facciamo. Speriamo che ci darai i mezzi per realizzarli unendoti ai nostri donatori e alle nostre donatrici.

Prenderci più tempo per sviluppare degli strumenti etici

Nel 2021 Framasoft continuerà ovviamente a lavorare sui software che l’associazione sta sviluppando da diversi anni. Tuttavia, per quest’anno non abbiamo in programma una raccolta di fondi dedicata per nessuno di questi software. Infatti, se condurre una campagna di raccolta fondi consente di pubblicizzare un’iniziativa finanziandola, spesso è anche l’inizio di uno sprint per sviluppare le funzionalità chiave nei tempi annunciati. Quest’anno vogliamo lavorare su dei miglioramenti, degli strumenti di appropriazione, caratteristiche che potrebbero essere meno attraenti ma altrettanto importanti . Vogliamo anche prenderci il tempo per adattarci meglio ai tuoi feedback e ai tuoi bisogni.

Illustrazione di David Revoy – Licenza: CC-By 4.0

Trovare una comunità per (il software) Framaforms

Théo trascorrerà ancora qualche mese con noi nel 2021 per continuare il lavoro già a buon punto sul software che fa funzionare Framaforms: risoluzione dei bug e aggiunta delle funzionalità richieste dagli utenti. Tutti questi miglioramenti renderanno Framaforms molto più facile da usare e amministrare. La missione di Theo è creare una comunità di contributori attorno a questo software inmodo che il suo sviluppo non si basi esclusivamente sulla nostra piccola associazione. Nei prossimi mesi verrà lanciato un sito web di presentazione. Ci auguriamo vivamente che altri si interessino a questa soluzione e continuino a farla vivere e a svilupparla, perché Framaforms è uno dei nostri servizi più utilizzati. Il bisogno di moduli liberati dalle grinfie di Google è grande, il software libero ha argomenti forti in questo settore e lo sforzo dello sviluppo non può pesare esclusivamente sulle spalle della nostra associazione.

Animazione creata da Gee (CC-By-SA) nel 2016, per l’uscita di Framaforms

Slidewalker, un’alternativa a Slideshare e Scribd

Questa è un’idea che ci stuzzica da alcuni anni … Creare un software libero in modo che i provider (fornitori di accesso) web possano offrire un servizio per l’hosting e la consultazione di documenti online, un’alternativa a Slideshare o a Scribd. Slidewalker ti consentirebbe di inviare documenti (non solo presentazioni) in formati aperti o in pdf. Ebbene, per le persone che usano formati chiusi (docx, xlsx, pptx …) troveremo una soluzione per convertirli di passaggio in pdf, eh. Ma se vuoi di meglio, dovrai chiedere a Microsoft di aprire i formati dei suoi file proprietari! Una volta salvati, questi file potrebbero essere descritti, visualizzati, integrati in una pagina web, aperti ai commenti (oppure no, eh, non è obbligatorio!). Immaginiamo anche le funzionalità dei gruppi, delle citazioni… non sono le idee che mancano. Tuttavia, siamo realisti e sappiamo che non le raggiungeremo tutte nel 2021, neanche per la versione 1 di questo progetto. Ad esempio, non abbiamo in programma di creare uno strumento federato su questo! Non sappiamo nemmeno se offriremo un’istanza aperta di questo software. Vogliamo uno strumento modesto ed efficiente che faccia il suo lavoro senza fronzoli. Ad oggi lo stiamo solo immaginando, ci vediamo nel 2021 per vedere come si concretizzerà questo desiderio (e se ci riusciremo !).

Illustrazione di David Revoy – Licenza: CC-By 4.0

Consolidare PeerTube verso la sua versione 4

Come ti abbiamo detto in più occasioni, abbiamo in programma di rilasciare la versione 3 di PeerTube che incorpora lo streaming video live e peer-to-peer nel gennaio 2021. Tuttavia, questo “live” sarà inizialmente minimalista (nessuno strumento di chat, niente commenti ecc.) E sarà sicuramente necessario svilupparlo, aggiungere strumenti. Stiamo quindi valutando gli aggiornamenti in base ai tuoi feedback, sia per quanto riguarda l’interfaccia sia per questa funzionalità principale.

Illustrazione di David Revoy – Licenza: CC-By 4.0

Nel 2020, la nostra designer associata, Marie-Cécile Godwin, ha condotto diverse interviste con video maker, amministratori di istanze e utenti di Internet che desideravano guardare video in posti diversi dalle piattaforme dei giganti del web. Queste interviste hanno confermato le nostre impressioni: imbattersi in un software federato (PeerTube) quando ti aspetti di trovare una piattaforma video (“alla YouTube”), è fonte di confusione! Google e i suoi colleghi di ufficio ci hanno abituati male ed è difficile per gli internauti comprendere i principi del web decentralizzato e della federazione… Nel 2021 vorremmo quindi riuscire a facilitare questa comprensione. Stiamo valutando diverse modifiche significative all’interfaccia, ad esempio inserendo elementi informativi. Vorremmo che gli utenti di Internet che visitano ExampleTube siano in grado di vedere facilmente se un particolare video è ospitato da ExampleTube o se si trova sugli hard disk di un’istanza federata con ExampleTube. Essere in grado di identificare la provenienza di un video a colpo d’occhio può cambiare tutto, sia per lo spettatore, il video maker o l’amministratore che ospita l’istanza. Vorremmo anche migliorare la possibilità di ricercare dei contenuti ospitati da un’istanza, sia che si tratti di video o di canali. Il nostro motore di ricerca SepiaSearch è uno strumento meraviglioso per trovare video, ma devi sapere cosa stai cercando. Per le persone che vogliono solo navigare, al momento c’è solo questa pagina JoinPeertube che offre una selezione di video, canali e istanze. Vorremmo quindi creare uno strumento per gli amministratori ad esempio per mettere in evidenza o addirittura consigliare determinati contenuti. Potremmo anche consentire ai video maker di personalizzare ulteriormente i loro canali PeerTube mettendo in evidenza un video, riorganizzando le loro playlist, aggiungendo un banner o raccomandando altri canali.

Clicca per scoprire SepiaSearch

Sviluppare il Mobilizon che ti servirà

Pubblicando la prima versione di Mobilizon alla fine di ottobre, abbiamo dimostrato che ora è possibile per chi vuole riunirsi, mobilitarsi e organizzarsi, utilizzare uno strumento libero e federato. Non vediamo l’ora di migliorare Mobilizon nel 2021. Vorremmo, ad esempio, tenere conto di diversi feedback che ci sono stati forniti nelle ultime settimane, predisponendo un sistema per vedere facilmente l’attività di un evento a cui ci siamo iscritti, o i nuovi contenuti pubblicati nel gruppi a cui partecipiamo. Ma non vogliamo inondarti di notifiche o offrirti una pallida copia del feed di news offerto da Facebook e altri. Sarebbe totalmente contrario allo spirito di sobrietà attenzionale che abbiamo voluto per questo strumento. Ci prenderemo quindi il tempo necessario per immaginare il sistema più adatto e per questo stiamo continuando a lavorare con Marie-Cécile Godwin perché ci sembra che ci troviamo di fronte a una complessità di progettazione più che a un problema di codice.

Stiamo anche pensando di migliorare la ricercabilità degli eventi. Nel menu “Esplora”, al momento hai la possibilità di cercare eventi in base alla posizione geografica. Ma una visualizzazione su una mappa potrebbe essere un altro modo per rendere visibili gli eventi che si svolgono vicino a te. Molti di voi ci hanno detto di non comprendere cosa sia stato selezionato nella sezione ” Eventi in primo piano ” o nella sezione ” Questi eventi potrebbero interessarvi ” che è visualizzata in fondo alle pagine degli eventi. Cercheremo quindi di rendere più comprensibili i criteri di queste selezioni (titolo, tag, data, luogo, ecc.). Infine, abbiamo in programma di creare uno spazio dedicato ai diversi contributi su JoinMobilizon (feedback, domande, traduzioni, codice, aiuto per l’installazione, ecc.). Potremo così conoscere i vostri desideri riguardo a questo strumento e sicuramente aggiungere delle funzioni a cui non abbiamo ancora pensato.

Illustrazione di David Revoy – Licenza: CC-By 4.0

Decentrare per non concentrare i poteri

I giganti del web sono un pugno di imprese che sono riuscite a farci passare più tempo possibile davanti ai nostri schermi, per decidere meglio cosa vi verrà visualizzato. Più persone usano i loro strumenti, più potere hanno, più complicato è per ognuno di noi usare strumenti alternativi. Lo vediamo anche al nostro livello (enorme per una piccola associazione ai sensi della legge 1901 , ma ridicolmente piccolo rispetto a Google, per esempio). Più uno dei nostri servizi viene utilizzato, più attrae usi problematici (moderazione, spam) e più questo pone problemi di squilibrio (e tanti casi di coscienza per il nostro team quando dobbiamo prendere delle decisioni!). La soluzione a questo problema è di offrire un numero sempre maggiore di hosting con servizi differenti. È una verità che dovremo sostenere per diversi anni: degooglizzarsi è bene, è già enorme, ma non basta. Questo è solo il primo passo per decentralizzare i propri usi digitali.

planète "arbre" au-dessus des nuages et qui abrite notre planète bleue. Quelques chatons figurent autour, certains descendent d'un volcan qui fume.
Illustrazione di David Revoy – Licenza: CC-By 4.0

Offrire alternative a determinati servizi Framasoft

Framasoft continuerà nel 2021 a trasformare alcuni dei suoi servizi in portali verso questi stessi strumenti, ma installati presso altri provider di fiducia, molto spesso membri del collettivo CHATONS. Questo è già il caso dei servizi che abbiamo chiuso nel 2020: Framabee, Framanews e Framastory.

capture d'écran de divers hébergeurs ou services alternatifs qui proposent des lecteurs de flux rss
Ecco, per esempio, la pagina delle alternative a Framanews..

  A breve chiuderemo i servizi Framapic, Framavectoriel, Framaclic, MyFrama e la vecchia versione di Framindmap, per sostituirli con una pagina “Alternatives, simile a quella qui sopra. A metà del 2021, sarà il turno dei servizi Framasite, Framawiki, Framaboard, Framanotes, Framabin, Framabag e Framacalc di presentare delle alternative, come abbiamo spiegato in questo articolo. Inoltre, durante l’anno limiteremo l’uso di alcuni servizi. Pertanto, presto non sarà più possibile abbreviare nuovi link tramite Frama.link, ma gli URL già abbreviati continueranno a funzionare. Chiuderemo anche le registrazioni su Framasphère e Framapiaf (ma se hai già un account, non cambierà nulla per te). Invece, contrariamente a quanto indicato nel nostro calendario delle chiusure, non crediamo che quest’anno limiteremo il servizio Framalistes. Le alternative (anche sotto altri software liberi) sono rare, ed è un servizio tanto più utilizzato in tempi di distanziamento sociale. Abbiamo deciso di non limitare questo servizio mentre troviamo una soluzione sostenibile. Più in generale, all’inizio del 2021, ripenseremo ai nostri piani per “deframasoftizzare Internet. Senza mettere in discussione l’approccio, sono passati più di due anni da quando abbiamo iniziato a immaginare questo calendario. Da allora, il mondo è cambiato molto, anche il panorama del software libero: è ora di fare un piccolo aggiornamento! Illustration de David Revoy - paysage onirique. une jeune fille au pied d'un poteau indicateur avec plusieurs directions indique l'une de ces directions à un groupe de trois pingouins randonneurs. En arrière-plan, d'autres trajets et promeneurs. Illustrazione di David Revoy – Licenza: CC-By 4.0

Sostenere gli CHATONS, il collettivo di host alternativi trasparenti, aperti, neutrali e solidali

Nel 2021, vogliamo anche continuare a investire nel coordinamento del collettivo di fornitori di host alternativi CHATONS . Il numero delle strutture associate al collettivo cresce ogni anno e cresce il numero di servizi alternativi che queste strutture offrono. Questo è il motivo per cui il collettivo prevede nel 2021 di rivedere il proprio sito Web in modo da poter trovare ancora più facilmente il servizio o la struttura che meglio soddisfa le tue esigenze. I lavori per ridisegnare “la litière”, il wiki del collettivo , sono attualmente in corso e dovrebbero presto dare accesso a tutta la documentazione prodotta dal collettivo. CHATONS prevede infine di dotarsi di una nuova interfaccia che permetterà a tutti gli utenti di Internet di conoscere le attività realizzate dalle 76 strutture che lo compongono.

photo de chatons mignons dans leur panier, image très "calendrier des postes".
Una cesta piena di CHATONS (gattini) perché sappiamo che vi piacciono

Contribuire agli strumenti digitali degli altri

È sempre molto piacevole contribuire a progetti realizzati da altre strutture. Nel 2021 continueremo a sostenere lo sviluppo di strumenti proposti da altre strutture e a cui abbiamo già contribuito. Te lo abbiamo presentato nel 2019, Bénévalibre è un software gratuito che ti permette di contare le ore di volontariato all’interno di un’associazione. Se la logica di ” contabilizzare tutto ” non fa veramente parte dei nostri valori, ci sembra comunque evidente che una tale esigenza non debba dipendere da software proprietari. Questo è anche il motivo per cui gli amici del gruppo LibreAssociation de l’April hanno guidato questo sviluppo e noi li abbiamo sostenuti. Dal momento che la versione 1 di Bénévalibre risale al settembre 2019, ora l’esperienza e l’utilizzo del software permettono di stabilire come contribuirvi e migliorarlo nel 2021. L’associazione Resistance to Advertising Aggression lavora sul ruolo della pubblicità nella nostra società: non è il luogo dove ci immagineremmo di trovare degli sviluppatori che creano un software. Invece, RAP aveva bisogno di un software per utilizzare petizioni online, quindi l’hanno sviluppato! C’è un grande bisogno di liberare gli strumenti delle petizioni dai meccanismi del capitalismo di sorveglianza. Nel 2021 il nostro sostegno al software Pytitions sarà logistico, ma anche finanziario, nella speranza di farlo avanzare più velocemente verso una versione per il pubblico. un grand barbu et une jeune fille préparent une soupe dont les ingrédients figurent sur une page de bloc au premier plan de l'image. Illustrazione di David Revoy – Licenza: CC-By 4.0

Ritrovarci, lontano dalle tastiere, questo ci manca!

Ci auguriamo che nel 2021 le condizioni igienico-sanitarie ci consentano di riprendere i nostri interventi, workshop, convegni o tavole rotonde negli incontri in presenza. Certo, la salute viene prima di tutto! Il rispetto della nostra e della vostra salute sarà per noi una condizione essenziale prima di accettare qualsiasi intervento. Detto questo, rimaniamo fiduciosi che tutto questo sarà possibile perché … ci mancate! Per noi è fondamentale incontrare regolarmente pubblici diversi per condividere le nostre osservazioni sull’egemonia dei giganti del web e sul mondo che ci stanno preparando le imprese del Capitalismo di Sorveglianza. Nel frattempo continueremo i nostri interventi online, tanto vale dirvi che ne sono già previsti alcuni per la prima metà del 2021! https://peertube.designersethiques.org/videos/watch/0e3b464a-3885-4ee4-af76-8b2e8952d548  

Promuovere le Metacarte sul digitale etico

Se (a causa della pandemia) il progetto ha avuto dei ritardi, le Metacarte sul digitale etico sono attualmente in fase di test con diverse comunità, anche in un workshop tenuto il 18 dicembre 2020. Questo strumento destinato ai mediatori digitali in modo che possano facilmente sensibilizzare alle sfide delle tecnologie digitali e proporre alternative che rispettino gli utenti di Internet dovrebbe quindi vedere la luce nel corso del 2021. Framasoft continuerà a sostenere questa bella iniziativa che non vediamo l’ora di veder nascere nel 2021! Per aiutare la produzione, noi (tra gli altri) abbiamo già ordinato delle copie del gioco e speriamo di essere in grado di distribuire questo essenziale dispositivo di animazione a mediatori e mediatrici sia volontari che professionisti.

Il piano di lavoro per i prossimi mesi delle Metacarte sul digitale etico

Descrivere il Fediverso, in una tesi o in un disegno

Quando parliamo ad esempio di PeerTube o Mobilizon, possiamo vedere che i concetti di “software federato”, “istanze” e di federazione sono complessi da affrontare. Va detto che, negli ultimi vent’anni, le multinazionali digitali hanno ridotto il web a “un sito = una piattaforma = un servizio”, suggerendo alla maggioranza degli utenti di Internet che non ci sarebbero delle alternative. Nel 2021, vorremmo quindi lavorare per rendere questi concetti più accessibili a tutti. Ad esempio, abbiamo chiesto all’associazione LILA (che ha prodotto per noi il video animato What Is PeerTube?) di riprendere il lavoro per creare alcuni brevi video che spiegassero i concetti chiave. Parallelamente, stiamo contribuendo al finanziamento di una tesi di dottorato dal titolo « Configurations techno-éthiques pour les médias sociaux décentralisés et fédérés» avviata all’UTC nell’ottobre 2020 da Audrey Guélou. https://framatube.org/videos/watch/9c9de5e8-0a1e-484a-b099-e80766180a6d

Un primo passo verso il progetto cloud di Framasoft

Un anno fa vi abbiamo parlato del nostro progetto « Framasoft cloud« , un servizio basato sul software Nextcloud che fornisce un facile accesso a una moltitudine di strumenti di collaborazione. Nel frattempo il mondo è cambiato e anche la nostra riflessione su questo progetto si è evoluta.

La crisi del COVID19 ha infatti imposto a gran parte della popolazione dei nuovi utilizzi del digitale in modo brutale e senza accompagnamento. Mentre passiamo sempre più tempo a “lavorare / collaborare / cooperare / scambiare / produrre” davanti a uno schermo, la maggior parte di noi non è molto a suo agio con queste pratiche digitali.

Nextcloud resta un software libero in grado di soddisfare queste esigenze, soprattutto per un pubblico (associazioni, collettivi, ecc.) alla ricerca dell’emancipazione digitale. Nel 2021, vogliamo dedicare tempo ed energie alla creazione di strumenti per aumentare la consapevolezza e la comprensione di che cos’è (e cosa non è) Nextcloud, di quello che ci possiamo fare e come … per aumentare le tue capacità di organizzazione e collaborazione.

 

jeune fille qui déclenche un aiguillage dans le ciel entre des traînées de nuages
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Dedicare del tempo del nostro cervello al progetto di Università Popolare UPLOAD

Questo progetto di una Università Popolare del Libero Aperta(Ouverte), Accessibile e Decentralizzata (UPLOAD) è stato immaginato durante la campagna di Contributopia, nell’ottobre 2017. Nel 2021 saremo ancora lontani dalla realizzazione di questo progetto, ma vogliamo iniziare a definirlo più concretamente.

L’obiettivo sarebbe quello di fornire agli utenti di Internet uno spazio che permetta loro di accedere a una grande quantità di conoscenze di cui si possono riappropriare (quindi con dei contenuti necessariamente con licenza libera) e che possono essere adattate a molti usi dell’educazione popolare e dell’empowerment. .

C’è anche da pensare a come facilitare la vita dei mediatori e delle mediatrici in modo che l’appropriazione di questi contenuti possa essere animata, online e durante gli incontri in presenza.

Per pensare allo strumento più adatto a questo scopo e al contributo che potremmo umilmente dare in questo ambito, dove tante belle iniziative non hanno aspettato noi per partire, Framasoft si dà un anno per fare un’analisi di quello che già esiste sull’argomento, per sviluppare la nostra riflessione sulla forma che potrebbe assumere questo dispositivo per essere il più efficace.

 

circulant sur un nuage au-dessus d'un paysage verdoyant, deux chatons en expédition avec tout un bric-à-brac
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Un anno per ritrovarsi

Siamo onesti: noi stessi, leggendo questo enorme elenco, ci chiediamo come fare tutto. Ma a ben vedere, la maggior parte di queste azioni sono o la prosecuzione di progetti e partnership che abbiamo già avviato o le prime tracce per realizzare delle idee che già volevamo fare.

Il 2020 è stato per noi (e possiamo immaginare che sia stato per tutti uguale) un anno speciale, in cui le priorità sono state stravolte, in cui ci siamo un po’ persi, in cui siamo stati sommersi .

Se dovessimo descrivere in una parola come immaginiamo il 2021 oggi quella parola sarebbe « ritrovarci ». Ritrovare le nostre tracce, ritrovarci fisicamente, ritrovarci attraverso le nostre azioni. Perché quello che non abbiamo mai perso è il senso di quello che facciamo, per voi e insieme a voi.

Nel 2021, è verso questo significato dato alle nostre azioni, verso questi valori di emancipazione digitale, decentralizzazione dei poteri ed educazione popolare che vogliamo guidare la nostra barca.

Framasoft vive solo grazie alle tue donazioni, speriamo che vorrai seguirci e sostenerci ancora una volta in questa direzione.

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What Framasoft would like to do in 2021 thanks to your donations

For 2021, Framasoft has many desires (we always have!): popular digital education, software developments and actions to participate in the web re-decentralization.

Please note:

Here are the main actions we plan to carry out next year. However 2020 confirmed us that we can’t take anything for granted and that everything can change. So this article is more a snapshot of our todo list for 2021 than a roadmap set in stone.

Here is what we plan to do next year if we are not forced to change our plans in the middle of the year and if we can. We hope you will help us accomplish it by joining our donators.

Taking more time to develop ethical tools

In 2021, Framasoft will obviously continue to work on softwares we have been developping for years. But this year we didn’t plan any fundraising for one of these softwares.

Indeed, if organizing a fundraising allows to know and finance an initiative, it’s also the start of a sprint to code mainstream features in time.

This year we want to work on improvements, on mediation tools: features that may seem less sexy but that are just as important. We also want to take time to better listen to your feedbacks and needs.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Finding a community for Framaforms (the software)

In 2021 Théo will spend a few more months with us to continue the work (already well underway) on the software behind Framaforms: bugs resolution and new features requested by users. Thanks to these improvements, Framaforms will be much easier to use and administrate.

One of Théo’s missions is to create a contribution community around this software. Our goal is that this software’s evolution doesn’t exclusively rest upon our small not-for-profit shoulders. We’ll publish a presentation website in the coming months.

Because Framaforms is one of our most visited services, we deeply hope that other people will be interested in this solution and will continue to keep it alive and to make it evolve. The need to free forms from Google is important: free-libre softwares have strong arguments in this area and the development effort can’t rely solely on our small not-for-profit.

Animation created by Gee (CC-By-SA) in 2016, for Framaforms’s release

Slidewalker, an alternative to Slideshare and Scribd

We have been dying to carry out this idea for years: to create a free-libre software so that hosters can offer online documents hosting and consulting service, an alternative to slideshare or scribd.

Slidewalker would help anyone share documents (not just slideshows) in open formats (open documents) or in PDF format. For those using closed formats (docx, xlsx, pptx…) we will find how to convert them into a PDF format. But if you want something better, ask Microsoft to open their proprietary formats.

Once hosted, the files could be described, viewed, embed and opened to comments (or not, it’s not compulsory!). We also think of group features and quotas… we don’t lack of ideas for this software.

But we are realistic and know that we will not achieve to develop all of them in 2021, nor on the V1. For example, it won’t be a federated tool this time! We don’t even know if we will provide a public instance of this software.

We want a simple and efficient tool that works without embellishments. So far, we have only imagined it. Let’s meet in 2021 to see how this plan will become true (if it does!).

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Consolidating PeerTube towards its v4

As mentioned several times, PeerTube’s v3 including live and peer-to-peer video streaming should be released in January 2021. First, this « live » will be minimalistic (no chat and reaction tools, etc.) but we will probably develop it and add new tools. Your feedbacks will influence updates about the interface itself or in addition to this main feature.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

In 2020, Marie-Cécile Godwin, our partner designer, directed interviews with video makers, instance administrators and Internet users who wanted to watch videos elsewhere than on web giants platforms. These interviews confirmed our impressions: it’s confusing to come across a federated software (PeerTube) when you are expecting to find a video sharing platform (« in YouTube’s style »).

Google and its co-workers wrongly accustom us and it’s difficult for Internet users to apprehend decentralized web and federation principles… That’s why in 2021 we would like to make this understanding easier.

We want to modify significantly the interface, for example by inserting educational elements. We would like people who visit ExampleTube to see at a glance if a video is hosted by ExampleTube or if it’s on an instance federated with ExampleTube. Identifying immediately where a video comes from can change everything for watchers, videomakers and instance administrators.

We would also like to improve contents discoverability of both videos and channels. Even if SepiaSearch, our search engine, is a wonderful tool to search for videos, you have to know what you’re looking for.

For those who just want to browse, only this JoinPeertube page offers you videos, channels and instances selections. Thus we would like to create a tool allowing instance administrators to present and recommend content. Videomakers will also be able to customize their PeerTube channels by highlighting a video, modifying their playlists, adding a banner or by recommending other channels.

Click to try SepiaSearch

A Mobilizon suited to your needs

By publishing Mobilizon’s first version in the end of last October, we have proved that it’s now possible for those who want to gather, mobilize and organize themselves to use a free-libre and federated tool. We look forward to improving Mobilizon in 2021.

For example, we would like to use your feedbacks from previous weeks by implementing a new notification system to easily see the activity of events you have signed up for and new contents published in groups.

But we don’t want to overwhelm you with notifications nor to offer you a poor imitation of a Facebook wall. It would be against the spirit of attention simplicity we wanted for this tool. We will take all the time needed to imagine the most appropriate notification system. It seems more a design complexity than a code issue. For this reason (and many more), we’ll keep working with Marie-Cécile Godwin.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

We also want to improve events discoverability. In the « Explore » menu, you currently can search for events with geographical localization. But displaying them on a map could be another way to discover the events next to you.

Some of you told us that the events selected in the « Featured events » and « These events may interest you » sections, at the bottom of event pages, didn’t seem pertinent. Therefore we will try to make the selection criteria more understandable (title, tag, date, location, etc.).

Finally we’re planning to create a dedicated space for the different contributions (feedbacks, issues, translations, code and support to the installation, etc.) on JoinMobilizon. We will also consider your desires about this tool and probably add features we haven’t thought about yet.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Decentralizing to avoid power concentration

Web giants are a handful of companies who managed to get us spend as much time as possible in front of our screens, so they can best decide what will be displayed on them.

The more people use their tools, the more power web giants get and the more complicated it becomes for each of us to use alternative tools.

Even at our level (a huge level for a small not-for-profit organization but a very small comparing to Google and co) we can notice that. The more one of our services are, the more it attracts problematic uses (moderation or spam) and causes imbalance issues (and some moral dilemma for our team when we have to decide!).

One solution is to increase the number of services hosting. It’s a truth that we will uphold for many years: de-google-ifying is great, yes, but it is not enough. It’s just the first step in decentralizing one’s digital uses.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Providing alternatives to some Frama-services

In 2021, Framasoft will continue to remake some of our services into portals to the same tools but hosted by other trusted providers, most often members of the CHATONS collective. This is what we’ve already done with the services we closed in 2020: Framabee, Framanews and Framastory.

Here is the alternatives page to Framanews

We will close down very shortly Framapic, Framavectoriel, Framaclic, MyFrama and the former Framindmap version, replacing them with an « Alternative » page, similar to the one above. As we explained in this article, in mid-2021, Framasite, Framawiki, Framaboard, Framanotes, Framabin, Framabag and Framacalc will display alternatives.

We will also restrict uses of some other services during the year. Therefore you won’t be able to shorten new links via Frama.link anymore but the already shortened URLS will still work. We will also close down signing ups on Framasphère and Framapiaf (if you already have a Framapiaf account, nothing will change for you, whereas Framasphère will close in october).

However we consider not to restrict the Framalistes service this year contrary to what was indicated in our service closure schedule. Alternatives (even under another free-libre software) are uncommon and a much more used service in this period of social distancing. We will not restrict this service until we find a substainable solution.

More generally, in early 2021, we will reconsider our plans to « de-framasoft-ify the Internet ». Without questioning this approach, we thought this plan more than two years ago. And since then the world and the free-libre software landscape have changed: it’s time for a little update!

Illustrration de David Revoy
Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Supporting CHATONS (the Collective of Independent, transparent, open, neutral and ethical hosters providing FLOSS-based online services)

In 2021 we want to keep working on the coordination of CHATONS: the alternative hosting collective.

Each year, organizations that are collective’s members and alternative services they offer are increasing. That’s why in 2021 the collective thinks of reconsidering his website for you to find more easily the service or the organization that feets your needs the best.

We are currently reworking the collective’s wiki, aka the « litter », which should give you shortly access to all the documentation of the collective.

Finally, the collective CHATONS plans to build a new interface for its website, to better show the works carried out by the 90 organizations composing it.

A CHATONS basket because we know how much you love it!

Contributing to other’s digital tools

It’s always nice to participate in projects carried out by other organizations. In 2021, we will continue to support tool developments conducted by other organizations to which we have already contributed.

Released in 2019, Bénévalibre is a free-libre software allowing you to count volunteering hours within an association (French for not-for-profit NGO). Although the « all accounting » logic is not really part of our values, we think that such a requirement should not depend on proprietary softwares.

That’s the reason why friends of the April LibreAssociation group carried out this development and why we supported them. Since Bénévalibre’s v1 in September 2019, there has been a lot of hindsights and uses to know how to contribute to it and improve it in 2021.

Résistance à l’Agression Publicitaire, a French not-for-profit, that raises awareness about the place of advertising in our society: we did not expect them to develop a software. Yet the R.A.P association needed one to launch online petitions, so they coded it!

Petition tools need to be freed from surveillance capitalism mechanisms. In 2021 we will logistically and financially support the Pytitions software development in the hope to get rapidly to a general public version.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Contributing to people’s digital emancipation

We can’t list below all the popular education actions we will contribute to in 2021.

Firstly because some of these actions will be at the reflection phase and also because collective intelligence requires time and is hard to plan.

For example, in 2021 there may be a radical change of paradigm and functioning within our publishing house, Framabook. We may also think about the next MOOC CHATONS modules… but we haven’t decided yet.

Secondly, because some of these actions are carried out according to new needs, to wills coming together and to common schedules, etc.

Here are the outlines we can draw today. It will be very fun to compare this sketch with a more complete review of our popular education actions in the end of 2021.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

We can’t wait seeing you again, away from keyboards!

In 2021 we hope the sanitary conditions will allow us to go back physically to our meetings, workshops, conferences or round-tables. Of course health comes first! Respecting our health and yours will be a main condition before accepting any of them.

This being said, we still hope that it will be possible because… we miss you! It’s important for us to meet regularly with different audiences and share opinions about web giant’s supremacy and the world that Surveillance Capitalism companies are planning for us.

Meanwhile we will continue our online meetings and we can already tell we have some planned for the first half of 2021!

Promoting the « Métacartes numérique éthique » (Cardgame to discover ethical digital alternatives)

Although the project was delayed (due to the pandemic), the Metacards « ethical digital alternatives » are being tested in many communities and the next workshop will take place on Dec. 18th, 2020 (register on Mobilizon!)

This tool that helps digital mediators to easily raise awareness on technology issues and to present alternatives that are respectful to Internet user’s should be released in 2021.

Framasoft will keep supporting this nice initiative we can’t wait to discover in 2021! To help producing it, we have (among others) pre-ordered games and we hope we will be able to spread this major animation system to amator and professional mediators.

the work plan for the Metacards « ethical digital alternatives » for the coming months.

Describing the Fediverse with a thesis or a drawing

For example, when we talk about PeerTube or Mobilizon, we see that it’s hard to tackle the concepts of « federated software », « instance » and « federation ». Indeed, those last twenty years, web giants have limited the web to « a website = a platform = a service » suggesting to most users that there is no alternative.

In 2021, we plan to work on making these concepts more accessible for everyone. For example, we asked LILA association (who made the « What Is PeerTube? » animated video) to produce some short videos popularizing key concepts.

At the same time, we are contributing to funding a thesis that started in Oct. 2020 at the UTC by Audrey Guélou entitled « Configurations techno-éthiques pour les médias sociaux décentralisés et fédérés » (Techno-ethical configurations for decentralized and federated social media).

A first step towards Framasoft cloud’s project

A year ago we were talking about our « Framasoft cloud » project: a service based on Nextcloud software giving easily access to many collaborative tools. Meanwhile, the world and our thoughts on this project have changed.

Due to the covid19 crisis, many people had to use new digital tools without any support. Even though we are spending more and more time « working/collaborating/cooperating/exchanging/producing » in front of our screens: most of us are not very comfortable with these digital practices.

Nextcloud remains a free-libre software that can meet these needs especially for an audience (organizations, collectives, etc.) wanting digital emancipation. In 2021, we want to devote time and energy to create awareness and understanding tools about what Nextcloud is (and isn’t), about what we can do with it and how… in order to increase your organization and collaboration abilities.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Taking time to think the Popular University UPLOAD project

This project of a Libre Open Accessible and Decentralized Popular University (UPLOAD) was conceived during Contributopia’s campaign in October 2017. In 2021, we will be far from completing it but we want to start defining it more concretely.

Our first goal it to create a space for people to get to a lot of re-appropriable knowledge (with contents under free-licence of course). This space should be able to adapt to many popular educational and empowerment uses.

It’s also to think about how digital coaches’ works could be facilitated so that these contents can be appropriated and organized online or physically.

In order to think of the most relevant tool, and how we could humbly contribute to this environment where many initiatives were launched before us, Framasoft gives itself one year to note what already exists on this matter and think about how this project could be organized to be the most effective.

Illustration by David Revoy – Licence : CC-By 4.0

A year to find each other

Let’s be honest: even us when we read this huge list, we don’t know how we will accomplish all of it! But if we look closely, most of the actions are the continuation of projects and partnerships or the first steps to develop ideas we have always liked.

2020 has been for us (and for everyone we suppose) a strange year that have shifted our priorities and where we have been a bit confused and overwhelmed.

Today if we had to describe how we think about 2021 in one word it will be « finding »: finding our marks, finding you back, and finding ourselves in action. Because we never lost the meaning of what we do, for you and with you.

In 2021, we want lead our way to this meaning given in our actions, towards these values of digital emancipation, power decentralization and popular education.

As Framasoft only lives from your donations, we hope you will follow us and support us once again in this direction.

Support Framasoft




Ce que Framasoft aimerait faire en 2021 grâce à vos dons

Pour l’année 2021, Framasoft a encore de nombreuses envies (ça, on n’en manque jamais !) : éducation populaire au numérique, développement des logiciels que nous maintenons et actions pour participer à la re-décentralisation du web.

À noter :

Nous vous présentons ici les principales actions que nous prévoyons de mener l’année prochaine. Cependant, si 2020 nous a confirmé quelque chose, c’est que rien n’est acquis, que tout peut être chamboulé. Il ne s’agit donc pas ici d’une roadmap (feuille de route) gravée dans le marbre, mais bien d’un instantané de notre to do list (ou « liste des choses à faire ») pour 2021.

Voilà donc ce que nous envisageons de faire l’an prochain, si le monde ne nous fait pas réviser nos plans en plein milieu de l’année et si nous le pouvons. Nous espérons que vous nous donnerez les moyens de le réaliser en rejoignant nos donateurs et donatrices.

Prendre plus de temps pour développer des outils éthiques

En 2021, Framasoft va bien évidemment continuer à travailler sur les logiciels que l’association développe depuis plusieurs années. Cependant, nous ne prévoyons pas de collecte dédiée à l’un de ces logiciels pour cette année.

En effet, si animer une collecte permet de faire connaître une initiative tout en la finançant, c’est aussi, souvent, le début d’un sprint pour coder des fonctionnalités phares dans les temps annoncés.

Cette année, nous voulons travailler sur des améliorations, des outils d’appropriation, des fonctionnalités peut-être moins sexy mais tout aussi importantes. Nous voulons aussi prendre le temps de mieux nous adapter à vos retours et vos besoins.

image ronde d'une planète imaginaire sphérique plantée d'arbres, des vaisseaux à voile l'environnent dans un espace bleu clair, couleur dominante.
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

 

Trouver une communauté pour (le logiciel) Framaforms

Théo passera encore quelques mois avec nous en 2021 pour poursuivre le travail déjà bien engagé sur le logiciel qui propulse Framaforms : résolution de bugs et ajout de fonctionnalités demandées par les utilisateur⋅ices. Toutes ces améliorations font que Framaforms pourra bien plus facilement être utilisé et administré.

Théo a d’ailleurs pour mission de faire émerger une communauté de contributeur⋅ices autour de ce logiciel afin que son évolution ne repose pas exclusivement sur notre petite association. Un site web de présentation verra le jour dans les mois à venir.

Nous espérons vivement que d’autres vont s’intéresser à cette solution et continuer de la faire vivre et évoluer, car Framaforms est un de nos services les plus utilisés. Le besoin de formulaires libérés des griffes de Google est grand, le Libre a des arguments solides dans ce domaine, et l’effort de développement ne peut pas reposer uniquement sur les épaules de notre association.

un pingouin avec un casque qui rappelle Astérix chemine sur la nanquise, est arrêté par un soldat romain au bouclier arboran le G de Google, qui lui réclame les résultats des résultats des sondages et formlaires. L'animal envoie loin dans le cile le soldat d'un magistral coup de poing et plante sur la banquise un arbre intitulé Framaforms.
Animation créée par Gee (CC-By-SA) en 2016, pour la sortie de Framaforms

Slidewalker, une alternative à Slideshare et Scribd

Voilà une idée qui nous démange depuis quelques années… Créer un logiciel libre pour que des hébergeurs web puissent proposer un service d’hébergement et de consultation de documents en ligne, une alternative à slideshare ou scribd.

Slidewalker permettrait d’y envoyer des documents (pas uniquement des diaporamas) en formats ouverts (open documents) ou en pdf. Bon, pour les personnes qui utilisent des formats fermés (docx, xlsx, pptx…) on trouvera bien une solution pour convertir ça en pdf au passage, hein. Mais si vous voulez mieux, faudra demander à Microsoft d’ouvrir les formats de ses fichiers propriétaires !

Une fois hébergés, ces fichiers pourraient être décrits, consultés, intégrés dans une page web, ouverts aux commentaires (ou pas, hein, c’est pas obligé !). On imagine même des fonctionnalités de groupes, de quotas… ce ne sont pas les idées qui manquent.

Cependant, nous sommes réalistes et savons que nous ne les réaliserons pas toutes en 2021, ni pour la v1 de ce projet. Par exemple, nous n’envisageons pas de faire un outil fédéré sur ce coup-là ! Nous ne savons même pas si nous proposerons une instance ouverte de ce logiciel.

Nous avons envie d’un outil modeste et efficace, qui fait le job sans fioriture. À ce jour, nous n’en sommes qu’à l’imaginer, rendez-vous en 2021 pour voir comment cette envie se concrétisera (et si on y parvient !).

dan sl'herbe, trois peintres au travail. Au premier plan, une boîte d'aquarelles et un carnet de dessins à spirale.
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Consolider PeerTube vers sa v4

Comme nous vous l’avons indiqué à de multiples reprises, nous prévoyons de sortir la v3 de PeerTube intégrant la diffusion de vidéos en direct et en pair à pair en janvier 2021. Cependant, ce « live » sera dans un premier temps minimaliste (pas d’outil de chat, pas de réactions, etc.) et il sera sûrement nécessaire de le faire évoluer, d’y ajouter des outils. Nous envisageons donc des mises à jour au regard de vos retours, que ce soit au niveau de l’interface ou en complément à cette fonctionnalité majeure.

Sepia la mascotte dans une nacelle de ballon qui pour l'instant n'a pas quitté l'herbe. Le ballon est en forme de V3 (allusion à la version 3 de peertube à venir)
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

En 2020, notre designer associée, Marie-Cécile Godwin, a réalisé plusieurs entretiens avec des vidéastes, des administrateur⋅ices d’instances et des internautes souhaitant visionner des vidéos ailleurs que sur les plateformes des géants du web. Ces entretiens ont confirmé nos impressions : tomber sur un logiciel fédéré (PeerTube) quand on s’attend à trouver une plateforme vidéo (« à la YouTube »), c’est déroutant !

Google et ses collègues de bureaux nous ont mal habitué⋅es, et il est difficile pour les internautes d’appréhender les principes du web décentralisé et de la fédération… Nous aimerions donc réussir en 2021 à faciliter cette compréhension.

Nous envisageons plusieurs modifications notables de l’interface, par exemple en y insérant des éléments pédagogiques. Nous aimerions que les internautes qui visitent ExempleTube puissent facilement voir si telle vidéo est hébergée par ExempleTube ou si elle se trouve sur les disques durs d’une instance fédérée à ExempleTube. Pouvoir identifier la provenance d’une vidéo d’un regard, cela peut tout changer, que ce soit pour le spectateur, la vidéaste ou l’admin qui héberge l’instance.

Nous aimerions aussi améliorer la découvrabilité des contenus hébergés par une instance, que ce soit des vidéos ou des chaînes. Notre moteur de recherche SepiaSearch est un merveilleux outil pour rechercher des vidéos, mais il faut savoir ce que l’on cherche.

Pour les personnes qui veulent juste naviguer, il n’y a pour le moment que cette page de JoinPeertube qui vous propose une sélection de vidéos, de chaînes et d’instances. Nous aimerions donc créer un outil pour que les administrateur⋅ices d’instances puissent mettre en valeur, voire recommander certains contenus. On pourrait aussi permettre aux vidéastes de davantage personnaliser leurs chaînes PeerTube par la mise en avant d’une vidéo, en réorganisant leurs playlists, en ajoutant une bannière ou en recommandant d’autres chaînes.

la mascotte Sepia qui promeut SepiaSearch avec une loupe et un chant de recherche
Cliquez pour découvrir SepiaSearch

Développer le Mobilizon qui vous servira

En publiant fin octobre la première version de Mobilizon, nous avons démontré qu’il est désormais possible pour celles et ceux voulant se rassembler, se mobiliser et s’organiser, d’utiliser un outil libre et fédéré. Nous avons hâte d’améliorer Mobilizon en 2021.

Nous aimerions, par exemple, prendre en compte plusieurs retours qui nous ont été faits ces dernières semaines, en mettant en place un système pour voir facilement l’activité d’un évènement auquel on s’est inscrit, ou les nouveaux contenus publiés dans les groupes qu’on a rejoints.

Mais on ne veut pas non plus vous submerger de notifications, ni vous proposer une pâle copie du fil d’actualités proposé par Facebook et consorts. Ce serait totalement contraire à l’esprit de sobriété attentionnelle que nous avons voulu pour cet outil. Nous allons donc prendre le temps nécessaire d’imaginer le système le plus approprié et pour cela, nous continuons à travailler avec Marie-Cécile Godwin car il nous semble que nous sommes davantage face à une complexité de design qu’à une problématique de code.

des chatons joignent joyeusement leurs rayons magiques pour sculpter une icône taille menhir du symbole de localisation, tel qu'on le voir sur la cartographie en ligne pour déterminer un point précis
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Nous pensons aussi à améliorer la découvrabilité des évènements. Dans le menu ‘Explorer’, vous avez actuellement la possibilité de rechercher des évènements par localisation géographique. Mais un affichage sur une carte pourrait être une autre façon de rendre visibles les évènements qui se déroulent à proximité de chez vous.

Vous avez été nombreu⋅ses à nous indiquer ne pas comprendre ce qui était sélectionné dans la section « Évènements à la Une » ou dans la section « Ces évènements peuvent vous intéresser » qui s’affiche en bas des pages évènements. Nous allons donc essayer de rendre plus compréhensibles les critères de ces sélections (titre, tag, date, lieu, etc.).

Enfin, nous prévoyons de créer un espace dédié aux différentes contributions sur JoinMobilizon (retours, questions, traductions, code et aide à l’installation, etc.). Nous pourrons ainsi prendre connaissance de vos envies concernant cet outil et sûrement ajouter des fonctionnalités auxquelles nous n’avons pas encore pensé.

chatons multiciolores qui se tiennet la patte, forment un cercle, vu de haut, à la manière des ballets nautiques d'Esther Williams dans les films hollywoodiens
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Décentraliser pour ne pas concentrer les pouvoirs

Les géants du web, c’est une poignée d’entreprises qui a réussi à ce que l’on passe le plus de temps possible devant nos écrans, pour mieux décider de ce qui va s’y afficher.

Plus il y a de monde utilisant leurs outils, plus ils ont de pouvoir, plus il est compliqué pour chacun·e d’entre nous d’utiliser des outils alternatifs.

Nous le constatons même à notre niveau (énorme pour une petite association loi 1901, mais ridiculement petit par rapport à Google, par exemple). Plus un de nos services est utilisé, plus il attire les usages problématiques (modération, spam) et plus cela pose des problèmes de déséquilibre (et beaucoup de cas de conscience pour notre équipe lorsque l’on doit trancher !).

La solution à cela, c’est de proposer encore et toujours plus d’hébergements de services variés. C’est une vérité que l’on va devoir accompagner sur plusieurs années : se dégoogliser c’est bien, c’est déjà énorme, et cela ne suffit pas. Ce n’est que la première étape pour décentraliser ses usages numériques.

planète "arbre" au-dessus des nuages et qui abrite notre planète bleue. Quelques chatons figurent autour, certains descendent d'un volcan qui fume.
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Proposer des alternatives à certains Frama-services

Framasoft continuera en 2021 à transformer certains de ses services en portails vers ces mêmes outils, mais installés chez d’autres hébergeurs de confiance, le plus souvent membres du collectif CHATONS. C’est déjà le cas pour les services que nous avons fermés en 2020 : Framabee, Framanews et Framastory.

capture d'écran de divers hébergeurs ou services alternatifs qui proposent des lecteurs de flux rss
Voici, par exemple, la page des alternatives à Framanews.

Très prochainement, nous fermerons les services Framapic, Framavectoriel, Framaclic, MyFrama et l’ancienne version de Framindmap, pour les remplacer par une page « Alternatives », similaire à celle ci-dessus. Mi-2021, ce sera au tour des services Framasite, Framawiki, Framaboard, Framanotes, Framabin, Framabag et Framacalc de présenter des alternatives, comme nous l’avons expliqué dans cet article.

Nous allons aussi restreindre l’usage de certains services dans l’année. Ainsi, il ne sera bientôt plus possible de raccourcir de nouveaux liens via Frama.link, mais les urls déjà raccourcies continueront à fonctionner. Nous allons aussi fermer les inscriptions sur Framasphère et Framapiaf (mais si vous avez déjà un compte, rien ne va changer pour vous).

En revanche, contrairement à ce qui est indiqué sur notre calendrier de fermetures, nous pensons ne pas restreindre le service Framalistes cette année. Les alternatives (même sous un autre logiciel libre) sont rares, et c’est un service d’autant plus utilisé en période de distanciation sociale. Nous avons décidé de ne pas restreindre ce service le temps de trouver une solution durable.

Plus généralement, début 2021, nous allons repenser nos plans pour « déframasoftiser Internet ». Sans remettre en cause la démarche, voilà plus de 2 ans que nous avons commencé à imaginer ce calendrier. Depuis, le monde a bien changé, le paysage du logiciel libre aussi : il est temps d’une petite mise à jour !

Illustration de David Revoy - paysage onirique. une jeune fille au pied d'un poteau indicateur avec plusieurs directions indique l'une de ces directions à un groupe de trois pingouins randonneurs. En arrière-plan, d'autres trajets et promeneurs.
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Soutenir le Collectif des Hébergeurs Alternatifs Transparents Ouverts Neutres et Solidaires (CHATONS)

En 2021, nous souhaitons aussi continuer de nous investir dans la coordination du collectif d’hébergeurs alternatifs CHATONS.

Le nombre de structures membres du collectif croît chaque année et le nombre de services alternatifs que ces structures proposent est de plus en plus important. C’est pourquoi le collectif envisage en 2021 de revoir son site web afin que vous puissiez trouver encore plus facilement le service ou la structure qui correspond le mieux à vos besoins.

Un travail de la refonte de la litière, le wiki du collectif, est actuellement en cours et devrait prochainement vous donner accès à l’ensemble de la documentation produite par le collectif.

Enfin, CHATONS prévoit de se doter d’une nouvelle interface qui permettra à tous les internautes de prendre conscience de l’activité réalisée par les 90 structures qui le composent.

photo d echatons mignons dans leur panier, image très "calendrier des postes".
Un panier de CHATONS, parce qu’on sait que vous aimez ça !

Contribuer aux outils numériques des autres

C’est toujours très agréable de contribuer à des projets portés par d’autres structures. En 2021, nous allons continuer de soutenir des développements d’outils qui sont menés par d’autres structures et auxquels nous avons déjà apporté notre pierre.

Nous vous le présentions en 2019, Bénévalibre est un logiciel libre qui permet de comptabiliser les heures de bénévolats au sein d’une association. Si la logique du « tout comptable » ne fait pas vraiment partie de nos valeurs, il nous semble malgré tout évident qu’une telle exigence ne doit pas dépendre de logiciels propriétaires.

C’est d’ailleurs pour cela que les ami·es du groupe LibreAssociation de l’April ont porté ce développement, et que nous les avons soutenu.es. La v1 de Bénévalibre datant de septembre 2019, il y a désormais bien du recul et des utilisations pour déterminer comment y contribuer et l’améliorer en 2021.

L’association Résistance à l’Agression Publicitaire travaille sur la place de la publicité dans notre société : ce n’est pas là qu’on s’imagine trouver des devs maintenant un logiciel. Et pourtant, RAP a eu besoin d’un logiciel pour lancer des pétitions en ligne, alors iels l’ont codé !

Il y a un grand besoin de libérer les outils de pétitions des mécanismes du capitalisme de surveillance. En 2021, notre soutien au logiciel Pytitions sera logistique mais aussi financier, dans l’espoir de le faire avancer plus rapidement vers une version grand public.

un grand barbu et une jeune fille préparent une soupe dont les ingrédiens figurent sur une page de bloc au premier plan de l'image.
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Contribuer à l’émancipation numérique des internautes

Nous n’allons pas pouvoir lister ici l’ensemble des actions d’éducation populaire auxquelles nous allons contribuer en 2021.

D’une part parce qu’une partie de ces actions en sera au stade de la réflexion, et que faire travailler l’intelligence collective, ça prend du temps et c’est complexe à planifier.

Par exemple, il est possible qu’en 2021 on expérimente un changement radical de paradigme et de fonctionnement au sein de la maison d’édition Framabook, ou qu’on réfléchisse aux prochains modules du MOOC CHATONS… mais c’est encore à déterminer avec les collectifs concernés.

D’autre part, parce qu’une autre partie de ces actions se font en fonction des besoins qui naissent, des volontés  qui se rencontrent, des plannings qui trouvent un moment en commun, etc.

Voici donc les grandes lignes que l’on peut tracer aujourd’hui, et il sera très amusant de comparer ce croquis avec un bilan plus complet de nos actions d’éducation populaire fin 2021.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Vous retrouver, loin des claviers, ça nous manque !

Nous espérons qu’en 2021 les conditions sanitaires nous permettront de reprendre nos interventions, ateliers, conférences ou tables-rondes lors de rencontres physiques. Certes, la santé passe avant tout ! Respecter notre santé et la vôtre sera pour nous une condition essentielle avant d’accepter toute intervention.

Ceci étant dit, nous gardons espoir que ce soit possible, car… vous nous manquez ! C’est pour nous essentiel d’aller régulièrement à la rencontre de publics variés pour partager nos observations sur l’hégémonie des géants du web et le monde que nous préparent les entreprises du Capitalisme de Surveillance.

En attendant, nous ne manquerons pas de poursuivre nos interventions en ligne, et autant vous dire qu’il y en a déjà de prévues pour le premier semestre 2021 !

 

Promouvoir les Métacartes numérique éthique

Si (pandémie oblige) le projet a pris du retard, les Métacartes Numérique Éthique sont actuellement en phase de test auprès de plusieurs communautés, dont un prochain atelier ce vendredi 18 décembre 2020 (inscrivez vous sur mobilizon !)

Cet outil à destination des médiateur⋅ices numériques pour qu’iels puissent facilement sensibiliser aux enjeux des technologies du numérique et proposer des alternatives respectueuses des internautes devrait donc voir le jour dans le courant de l’année 2021.

Framasoft va poursuivre son soutien à cette belle initiative que nous avons hâte de voir naître en 2021 ! Pour aider la production, nous avons (entre autres) pré-commandé des jeux et espérons pouvoir diffuser ce dispositif d’animation incontournable auprès de médiateurs amateurs et médiatrices professionnelles.

le plan de travail sur les Métacartes Numérique Éthique pour les mois à venir.

Décrire le Fediverse, en une thèse ou un dessin

Lorsque nous parlons de PeerTube ou de Mobilizon par exemple, nous voyons bien que les notions de « logiciel fédéré », d’« instances » et de fédération sont complexes à aborder. Il faut dire que, ces vingt dernières années, les multinationales du numérique ont réduit le web à « un site = une plateforme = un service », laissant entendre à la majorité des internautes qu’il n’y aurait pas d’alternative.

En 2021, nous aimerions donc travailler à ce que ces notions deviennent plus abordables pour tous et toutes. Par exemple, nous avons demandé à l’association LILA (qui a réalisé pour nous la vidéo d’animation What Is PeerTube?) de remettre le couvert pour créer quelques courtes vidéos vulgarisant des notions clés.

En parallèle, nous contribuons au financement d’une thèse de doctorat intitulée « Configurations techno-éthiques pour les médias sociaux décentralisés et fédérés » commencée à l’UTC en octobre 2020 par Audrey Guélou.

Un premier pas vers le projet de cloud Framasoft

Il y a un an, on vous parlait de notre projet de « cloud Framasoft », un service basé sur le logiciel Nextcloud permettant d’accéder aisément à une multitude d’outils collaboratifs. Entre temps, le monde a changé et notre réflexion sur ce projet a elle aussi évolué.

La crise COVID19 a en effet imposé de manière brutale et sans accompagnement de nouveaux usages numériques à une grande partie de la population. Si nous passons de plus en plus de temps à « travailler/collaborer/coopérer/échanger/produire » devant un écran, la majorité d’entre nous n’est pas très à l’aise avec ces pratiques numériques.

Nextcloud reste un logiciel libre qui peut répondre à ces besoins, notamment pour un public (associations, collectifs, etc.) en recherche d’émancipation numérique. En 2021, nous voulons consacrer du temps et de l’énergie à créer des outils de sensibilisation et de compréhension de ce qu’est (et n’est pas) Nextcloud, de ce que l’on peut faire avec, et comment… afin d’accroître vos capacités d’organisation et de collaboration.

jeune fille qui déclenche un aiguillage dans le ciel entre des traînées de nuages
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Mettre du temps de cerveau sur le projet d’Université Populaire UPLOAD

Ce projet d’Université Populaire du Libre, Ouverte, Accessible et Décentralisée (UPLOAD) a été imaginé lors de la campagne Contributopia, en octobre 2017. En 2021 nous serons encore loin de réaliser ce projet, mais nous voulons commencer à le définir plus concrètement.

L’objectif serait de mettre à disposition des internautes un espace qui leur permettra d’accéder à de nombreuses connaissances réappropriables (donc avec du contenu forcément sous licence libre) et pouvant s’adapter à de nombreux usages d’éducation populaire et d’empowerment.

C’est aussi de penser comment faciliter la vie des médiateurs et médiatrices afin que l’appropriation de ces contenus puisse être animée, en ligne et lors de rencontres physiques.

Afin de penser l’outil le plus adapté pour cela, et la contribution que nous pourrions humblement apporter dans ce milieu où tant de belles initiatives ne nous ont pas attendu.es pour se lancer, Framasoft se donne une année pour réaliser un diagnostic de ce qui existe déjà sur le sujet afin de nourrir notre réflexion sur la forme que pourrait prendre ce dispositif pour être le plus efficace.

circulant sur un nuage au-dessus d'un paysage verdoyant, deux chatons en expédition avec tout un bric-à-brac
Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Une année pour se retrouver

Soyons sincères : nous-même, à la lecture de cette énorme liste, nous demandons comment faire tout cela ! Mais à bien y regarder la plupart de ces actions sont soit la poursuite de projets et de partenariats que nous avons déjà entamés, soit les premières pistes pour concrétiser des idées qui nous faisaient déjà envie.

2020 a été, pour nous (et nous imaginons bien que c’est pour tout le monde pareil) une année particulière, où les priorités ont été bousculées, où l’on s’est un peu perdues, où l’on a été submergés.

Si on devait décrire en un mot comment on imagine 2021 aujourd’hui, ce serait « retrouver ». Retrouver nos marques, se retrouver physiquement, s’y retrouver dans nos actions. Car ce que nous n’avons jamais perdu, c’est le sens de ce que nous faisons, pour et avec vous.

En 2021, c’est vers ce sens donné à nos actions, vers ces valeurs d’émancipation numérique, de décentralisation des pouvoirs et d’éducation populaire que nous voulons mener notre barque.

Framasoft ne vivant que grâce à vos dons, nous espérons que vous nous suivrez et nous soutiendrez, une fois de plus dans une telle direction.

Soutenir Framasoft




Bilan des actions de Framasoft en 2020 (hors confinement)

Nos actions sont financées par vos dons, amplifiées par vos contributions et utiles parce que vous les partagez et vous en emparez. Nous voulions donc prendre le temps de poser ici un bilan des principales actions que nous avons menées en 2020.

Car même si l’année n’est pas encore tout à fait finie, on peut d’ores et déjà voir ce que notre association (35 membres, 10 salarié·es) a fait des ressources que vous nous confiez.

À noter :

Graver les libertés dans le code

Dans le monde numérique, le code fait loi : les personnes qui dirigent le code ont le pouvoir et la responsabilité de déterminer ce qu’il sera possible de faire, ce qui sera impossible.

Voilà pourquoi nous avons pris la responsabilité de développer quelques logiciels : dans le but d’expérimenter d’autres manières d’ouvrir des possibles, pour proposer des façons alternatives d’organiser nos échanges numériques.

Coder ces logiciels en les plaçant sous licence libre, cela nous permet de limiter cet énorme pouvoir sur le code (donc sur ce qui fait loi dans nos écrans) grâce à des mécanismes de transparence, d’ouverture à la communauté et grâce à la possibilité de gouvernances alternatives.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Renforcer Framaforms pour faire rempart à Google Forms

Lorsque nous l’avons ouvert en 2016, nous n’imaginions pas que Framaforms, notre alternative à Google Forms, serait le service le plus utilisé de la campagne Dégooglisons Internet !

À l’époque, le défi était de montrer que les briques existantes du logiciel libre (ici Drupal et Webforms) permettent à des non-développeurs de bidouiller une alternative honorable à Google Forms en 14 jours de travail et en n’ajoutant que 60 lignes de code !

Depuis, des centaines de milliers de personnes se sont emparées de cet outil. Nous avons donc demandé à Théo, en stage chez nous, d’améliorer cet outil. Grâce à lui, Framaforms est passé en v1, une version qui corrige de nombreux bugs, permet l’effacement automatique des formulaires expirés et l’affichage d’une page pour contacter la personne qui a créé le formulaire.

Suite à son stage, Théo a rejoint notre équipe salariée pour quelques mois afin de poursuivre le travail sur Framaforms. La dernière version, la v1.0.3, permet d’installer le logiciel Framaforms dans d’autres langues que le français, et inclut de nombreux outils pour lutter contre le spam.

C’est peut-être un détail pour vous… Mais si vous saviez le nombre de personnes qui contactent notre support dans l’objectif de parler aux personnes qui ont créé un form.

Mobilizon, pour gérer groupes et événements hors de Facebook

Mobilizon, c’est notre outil libre et fédéré pour libérer nos événements et nos groupes des griffes de Facebook. Évoqué en décembre 2018 et financé par une collecte au printemps 2019, Mobilizon a été en développement tout au long de 2020.

Suite à un retard de développement (dû à une pandémie mondiale), la première version de Mobilizon est sortie en octobre, accompagnée d’une instance de démo, d’un site de présentation, d’une documentation complète, d’un roman photo relatant un cas d’usage, de notre instance publique (réservée aux francophones) et surtout du site Mobilizon.org pour vous aiguiller selon vos besoins, et vous y retrouver parmi tous ces outils !

Depuis la publication de cette première version, les contributions à Mobilizon sont nombreuses. Parmi elles, on peut noter une application Android (à retrouver ici sur le Playstore de Google et là sur Fdroid, le catalogue d’applications libres) réalisée par Tom79.

De nombreuses autres contributions (retours, questions, traductions, code et aide à l’installation etc.) ont fait qu’une mise à jour (la version 1.0.2) règle de nombreux bugs tout en ajoutant la possibilité de rejoindre les groupes en un clic, d’installer Mobilizon via Docker, et d’utiliser le logiciel dans 14 langues différentes.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

PeerTube, en route vers la diffusion live dans la v3

Cet été, nous avons lancé une collecte pour financer la route vers la troisième version de PeerTube, notre alternative libre et fédérée qui démocratise la diffusion de vidéos en ligne.

Alors qu’une pandémie touchait (et touche toujours) la France et le monde, nous avons choisi de casser les codes du crowdfunding, en affirmant que nous développerions les fonctionnalités annoncées pour la v3 (que l’on récolte l’argent ou non) et en laissant à qui veut la possibilité de participer au financement des 60 000 € que nous coûtera le projet.

Le pari a été réussi, puisque près de 68 000 € ont été récoltés, avec des dons importants de structures comme Octopuce, Code Lutin ou encore la Fondation Debian, qui nous offre en plus une belle reconnaissance de l’utilité de PeerTube.

Depuis juin, nous avons développé et ajouté de nombreuses fonctionnalités à PeerTube : la recherche globale des vidéos et des chaînes (disponible sur la barre de recherche des instances ainsi que sur notre moteur de recherches SepiaSearch), de nombreux outils de modération, des améliorations significatives pour les playlists, le système de plugin… la liste est longue !

La diffusion de vidéos en direct et en pair à pair est codée, mais il faut encore la tester, l’affiner… Car même si ce live sera minimaliste (pas d’outil de chat, de réactions, etc.), le plus gros du travail reste dans les détails et finitions. Nous estimons publier une version quasi-finie (la « Release Candidate » ou « RC ») à la mi-décembre et publier la v3 stable en Janvier 2021.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Décentraliser, c’est politique

Depuis le lancement de la campagne Dégooglisons Internet en 2014, l’association Framasoft travaille à :

  • sensibiliser sur les enjeux de la centralisation de nos données par des acteurs monopolistiques (GAFAM, etc.) ;
  • proposer des services alternatifs sur ses serveurs, pour démontrer que le logiciel libre offre des outils éthiques et pratiques ;
  • essaimer, diffuser ces outils afin de multiplier les options d’hébergement de services éthiques, et aider les internautes concerné·es dans leur effort d’émancipation numérique.

En 2020, nous nous sommes concentré·es sur la partie essaimage, dans l’objectif que les services proposés par Framasoft ne soient plus une solution par défaut mais bien une première marche dans son émancipation numérique.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Dégoogliser en gardant des services à taille humaine

Maintenir plus de 30 services en ligne, cela implique de suivre les mises à jour de tous les logiciels libres qui propulsent ces services, chacun développé par sa communauté, à des rythmes très variés. Cette année encore nous avons veillé à tenir à jour les services que nous proposons, avec des mises à jour notables pour Framadrive/Framagenda, Framatalk, Framaforms, Framapiaf, Framateam et ce matin même Framadate.

Plus nos services sont connus, plus ils deviennent attractifs pour les usages malveillants, dont le spam. L’inventivité des escrocs qui veulent afficher à tout prix leurs liens frauduleux est sans borne. Nous avons consacré de longs mois (et un article de ce blog) à la lutte contre les usages indésirables.

Début 2020, nous estimions qu’environ un million de personnes utilisaient nos services chaque mois. C’est beaucoup pour une petite association de 35 membres et 10 salarié·es. Comme nous l’avons expliqué dans l’article dédié à nos actions durant le premier confinement français, les besoins ont été décuplés et nous avons dû changer nos manières de faire pour accompagner vos usages.

Cela s’est concrétisé par une refonte des sites web et outils qui nous permettent d’échanger ensemble. Notre page de contact, notre page de dons, et le menu contextuel présent sur tous nos sites ont été complètement repensés. L’objectif est de vous autonomiser en vous apportant directement des réponses adaptées, et de favoriser l’entraide collective de notre forum.

Toutes ces complexités ont un point commun : la sur-utilisation de nos services par rapport à la taille de notre équipe, qui a fait le choix de modérer sa croissance. Pour compenser cela, nous allons continuer de transformer certains de nos services en portails vers les mêmes outils, mais installés chez d’autres hébergeurs de confiance, le plus souvent membres du collectif CHATONS.

Dégooglisons Internet, vu par Péhä (CC-By)

Le Collectif d’Hébergeurs Alternatifs CHATONS

Le collectif CHATONS, dont les membres proposent des services hébergés dans le respect des valeurs de leur Manifeste et des engagements de leur Charte, grandit et évolue. Framasoft y a consacré, tout au long de cette année, des heures d’animation, et la belle dynamique interne montre que cela a porté ses fruits.

Durant l’année, les CHATONS ont tenu une réunion mensuelle entre les membres disponibles, en plus des échanges sur le forum. Cela leur a permis de mieux s’organiser pour accueillir de nouveaux membres dans le collectif, pour réviser et mettre à jour la charte, ou pour alimenter la « litière », le wiki où les CHATONS partagent des informations techniques, légales, administratives, etc.

Notons que, durant le confinement français, les CHATONS ont ouvert la page « Entraide », qui donne accès à neuf services en ligne, sans inscription et hébergés de manière éthique. Cerise sur le gâteau, ces services sont décentralisés sans que vous n’ayez rien à faire : utilisez un service, et le site vous mènera aléatoirement vers un des membres du collectif qui propose cet outil.

Aujourd’hui de nombreuses actions sont en cours : des améliorations notables pour le site web chatons.org, des outils de récolte statistique dans l’objectif de valoriser ce que proposent les membres du collectif, et, bien entendu, l’accueil de la nouvelle portée des futurs membres du collectif prévue pour cette fin d’année !

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0
Edit : on nous demande où sont les stickers de ce visuel… C’est sur la boutique de David Revoy

Les partenariats dans notre archipel

Tout au long de l’année, nous avons continué à entretenir les liens qui nous unissent aux partenaires constituant notre archipel, tout en nouant de nouvelles relations.

Les échanges avec plusieurs organisations (ArtyFarty, Alternatiba, le réseau de l’Information Jeunesse, WebAssoc, LentCiné, Exodus Privacy, Designers Ethiques, l’Institut de Recherche et d’Innovation, les gilets jaunes etc.) sur leur démarche de passage à des outils libres nous font dire que de plus en plus de structures sont sensibles à la nécessité de mettre en cohérence leurs outils numériques avec les valeurs qu’elles prônent. Afin de montrer que cette mise en cohérence est possible, nous avons publié 3 billets de blogs pour documenter cette démarche et nous continuerons à le faire en 2021.

Avec certaines de ces organisations, nous allons même plus loin que les simples échanges, et nous tentons de les accompagner activement autant que nous le pouvons dans cette démarche. Par exemple nous accompagnons et soutenons la démarche du collectif InterHop qui promeut l’usage des logiciels libres dans le domaine de la santé (et sur ce vaste sujet qu’est le Health Data Hub). Nous avons fourni gracieusement pendant un an un serveur PeerTube de grosse capacité à ImagoTV. Enfin, nous travaillons directement avec Résistance à l’Agression Publicitaire sur le logiciel de pétitions libre Pytition.

De plus, sous l’impulsion du mouvement Colibris et en partenariat avec AnimaCoop et Ritimo, nous avons participé à la réalisation et à l’animation de la formation en ligne Créer un projet collectif : méthodes et outils éthiques à destination des organisations. Cette formation qui s’est déroulée du 2 novembre au 3 décembre a permis à 55 personnes de découvrir de nombreux outils collaboratifs libres. Nous avons aussi accepté avec joie de faire partie du groupe de travail du futur MOOC sur la contribution au logiciel libre qui sera produit par Telecom Paris.

Enfin, nous avons poursuivi tout au long de l’année notre partenariat avec Mélanie et Lilian qui sont en train de produire les Métacartes Numérique Éthique. Ce jeu de cartes physiques (toutes reliées à une page web) permet aux personnes qui promeuvent le numérique éthique d’expliquer des concepts, d’accompagner les usages, d’animer des discussions et de se questionner sur les critères de confiance en un outil numérique.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Émanciper par l’éducation populaire

En quelques années, Framasoft est passée de « association qui promeut le logiciel libre et sa culture » à « association d’éducation populaire aux enjeux du numérique ». Ce n’est pas anodin.

Au fil de nos expériences de dégooglisation et de décentralisation, nous avons compris qu’à nos yeux, le logiciel libre n’est pas une fin en soi : c’est un moyen (nécessaire et insuffisant) pour servir l’émancipation des humain·es qui utilisent ce logiciel. Et cela vaut pour tout outil numérique : logiciel, culturel, etc…

Nous avons pu constater, au fil de nos interventions et accompagnements, que la transmission des connaissances, des savoirs-faire et des concepts est beaucoup plus efficace lorsqu’elle advient dans une relation d’égal à égal, où chacun·e apprend de l’expérience de l’autre et sort enrichi·e de cet échange.

C’est pourquoi nous croyons que contribuer à l’émancipation numérique implique, pour nous, d’essayer d’appliquer (quand on le peut et si on y arrive) les valeurs et méthodes de l’éducation populaire.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Diffuser la culture du libre et des Communs

L’équipe de bénévoles de notre maison d’édition Framabook a publié, en mai dernier, quatre recueils de nouvelles écrits par Yann Kervran dans son univers médiéval Hexagora. Ces Qit’a (volume 1 à 4) permettent de mieux explorer ce temps des croisades que l’auteur évoque de façon si vivante. Allez sur Framabook pour vous procurer les Qit’a volume 01, volume 02, volume 03, volume 04.

C’est le quatrième volume de Grise Bouille que Framabook a publié cette année. « En quoi le profilage de code peut-il nous aider à lutter contre la fraude fiscale ? Quel est le rayon d’un atome de Savoie ? Faut-il refuser de rendre visite à des personnes qui possèdent une enceinte connectée ? La société industrielle va-t-elle bientôt s’effondrer ? » Dans ce livre, Gee répond à ces questions (et bien plus) en regroupant les BD, aquarelles et textes publiés entre juillet 2018 et septembre 2020 sur son blog grisebouille.net. L’anthologie est disponible sur Framabook.

Cette année encore, le Framablog a été très actif. Le Khryspresso, revue de web hebdomadaire concoctée par Khrys, est servi chaque lundi, et fait les joies des fidèles de ce rendez-vous informatif. Le groupe de traduction Framalang a publié de nombreuses traductions dont la série « Détruire le Capitalisme de Surveillance » de Cory Doctorow. Enfin, en décembre, nous allons dévoiler une bien belle contribution avec la lecture audio de certains articles du Framablog.

Nous avouons le plaisir de travailler de plus en plus régulièrement avec David Revoy, auteur du web comic libre Pepper & Carrot, qui produit de nombreuses illustrations pour nous. Nous avons demandé au papa de Sepia (mascotte de PeerTube) et Rȯse (mascotte de Mobilizon) de nous aider à illustrer régulièrement ce que nous faisons, comme par exemple cet article du Framablog.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Faciliter l’accompagnement au numérique éthique

C’est en février que nous avons pu publier le premier module du MOOC CHATONS : « Internet, pourquoi et comment reprendre le contrôle ? ». Co-conçu avec la Ligue de l’enseignement, ce cours en ligne et ouvert peut se pratiquer en toute autonomie pour découvrir comment s’est construit notre paysage numérique, comment il a été envahi et cloisonné par les géants du web, et quelles sont les pistes pour s’émanciper.

En mars, nous avons expérimenté un librecours pour acquérir les clés de la culture libre, et en particulier celles des licences libres. Que vous soyez créateur, prescriptrice, spectateur, étudiante, ou tout ça à la fois, ce cours permet de savoir comment exploiter un contenu culturel en ligne et diffuser les siens. Proposé par Stéphane Crozat (membre de Framasoft et prof à l’UTC), et animé par certain·es de nos membres, cette première expérience fut très enrichissante !

En juin dernier nous avons dévoilé [RÉSOLU]. C’est un projet hautement contributopique puisqu’il est le fruit du travail collaboratif de Framasoft, du Chaton Picasoft et de la Mission Libre-Éducation Nouvelle des CEMÉA. [RÉSOLU], c’est un ensemble de fiches didactiques, sous licence libre et aux formats PDF, web et papier… pour accompagner vers le Libre les organisations qui agissent pour l’Économie Sociale et Solidaire.

Réalisé en partenariat avec le collectif d’éducation populaire La Dérivation, l’annuaire des acteurs et actrices de l’accompagnement au numérique libre a été publié en septembre dernier. Même si ce n’est qu’un instantané, il permet de recenser les personnes, structures et organisations réalisant des accompagnements au numérique libre et de publier leurs coordonnées dans un annuaire pour celles qui le désirent.

Illustration de David Revoy – Licence : CC-By 4.0

Se parler, quelle que soit la distance

Avant que la pandémie n’éclate, nous avons été fidèles à notre habitude d’aller parler de nos sujets dans de nombreux événements. En début d’année, nous avons participé (entre autres) aux 100 ans de la société des Nations à Genève, aux WebAssembly days, au festival des libertés numériques, à un mini-village Alternatiba à Toulouse ou au café des sciences de Chambéry.

Les contribateliers sont des ateliers où l’on peut venir et contribuer au Libre sans écrire une seule ligne de code (sauf si on aime ça :p !). Alors qu’ils se sont multipliés début 2020 (Lyon, Tours, Toulouse, Paris, Nantes…), l’équipe qui les organise s’est adaptée à la pandémie et a proposé des Confinateliers. Grâce au logiciel libre de visio conférence BBB, deux confinateliers se sont organisés cette année, chacun permettant à près de 80 personnes de se réunir en divers salons de visio conférence pour contribuer à des projets libres.

Quant à Framasoft, nous avons continué d’intervenir, à distance, pour présenter les enjeux du numérique et les outils pour s’émanciper. Que ce soit pour partager en anglais nos expérimentations franchouillardes lors des 35 ans de la FSF, ou pour défendre la dignité du modèle associatif dans le festival en ligne EthicsByDesign, nous avons répondu à de nombreuses invitations à nous exprimer en ligne.

…et sinon, en 2020, on a aussi fait des prouts.

Traverser 2020 grâce à votre confiance

Cette année fut complexe et difficile, pour tout le monde, et en faire le bilan n’est pas un exercice aisé (à tel point qu’il nous a fallu faire deux articles, dont un expliquant nos actions durant le premier confinement).

Ce que nous avons fait cette année, si nous avons pu le réaliser en gardant l’esprit libre, c’est grâce à vous. Le soutien et la confiance que nous recevons, chaque année, sous formes de dons, de mots gentils, d’attentions et de contributions… tout cela donne un sens et une portée à nos expérimentations.

Nous vous remercions, vraiment, de nous accompagner dans ces cheminements.

C’est le moment de l’année où nous nous devons de rappeler que ces actions ont un coût, et que Framasoft est financée, quasi exclusivement, par vos dons. Avec la défiscalisation (disponible pour les contribuables français·es), un don de 100 € à Framasoft revient, après déduction, à 34 €.

Ainsi, si vous souhaitez soutenir nos actions et que vous estimez en avoir les moyens, n’hésitez pas à cliquer sur le bouton ci dessous ;).

Soutenir Framasoft




Review of Framasoft’s actions in 2020 (excluding the lockdown period)

Our actions are funded by your donations, increased by your contributions and are useful because you share them and make them your own. Therefore we wanted to take the time to make an review of our main actions carried out in 2020.

Even though the year is not over yet we can already see what our association (35 members, 10 employees) has done with the resources received.

Note:

Setting freedoms in code

In digital world, code is law: people running the code have the power and responsibility to determine what will be possible or impossible to do.

That’s why we have taken the responsibility to develop some softwares: in order to experiment other ways to open up possibilities, to offer alternative ways to organize our digital exchanges.

Coding these softwares under free licenses allows us to limit this huge power over the code (so what makes the rules on our screens) thanks to transparency mechanisms, works for opening up to the community and to the possibility of alternative governances.

Illustration by David Revoy – License: CC-by 4.0

Reinforcing Framaforms to face Google Forms

When it opened in 2016, we didn’t imagine that Framaforms, our alternative to Google Forms, would be the most used service of the De-google-ify the Internet campaign!

At this time, the challenge was to show that Free Libre Open Source Softwares (FLOSS) plugins (here Drupal and Webforms) allows non-developers to hack a respectable alternative to Google Forms in 14 working days by adding only 60 lines of code!

Since then, hundreds of thousands of people have been using this tool. We asked Théo, our intern, to improve this tool. Thanks to him, Framaforms has been upgraded to v1, a version correcting many bugs, allowing the automatic erasure of expired forms and the display of a page to contacta form creator.

Following his internship, Théo has joined our salaried team for a few months to continue his work on Framaforms. The last version, v1.0.3, enables to install Framaforms software in other languages than French and includes several tools to fight against spam.

It may be a detail for you… But if you knew how many people contact our support service to talk to forms’ creators…

Mobilizon: to manage groups and events out of Facebook

Mobilizon is our free and federated tool to free our events and groups from Facebook. Mentioned in December 2018 and financed by a fund-raising in the spring of 2019, Mobilizon has been developed throughout 2020.

Following a delay in development (due to a global pandemic), the first version of Mobilizon was released in October, with:

  • a demo instance,
  • a presentation site,
  • a complete documentation,
  • a photo novel telling a case study,
  • our public instance (for the French speaking only)
  • and Mobilizon.org: a website to guide you according to your needs and find your way among all these tools!

Since the publication of this first version, there are many contributions to Mobilizon. Among them, an Android application has been created by Tom79 and you can find it on Google’s Playstore and on Fdroid, the free app catalogue.

Many other contributions (feedbacks, issues, translations, code and assistance to the installation, etc.) allow an update (version 1.0.2) that corrects many bugs while adding the possibility to join groups in one click, to install Mobilizon via Docker and to use the software in 14 different languages.

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0

PeerTube: on its way to live streaming in the v3

That summer, we launched a fundraising to finance PeerTube’s third version, our free and federated alternative that generalizes video broadcasting.

While France and the world were affected (and still are) by a pandemic, we have chosen to break the codes of crowdfunding by assuring that we would develop v3 announced features (whether we raise the money or not) and giving whoever the possibility to participate to the financing of the 60 000€ that the project will cost.

The bet was achieved because almost €68 000 were raised thanks to important donations of structures as Octopuce, Code Lutin or the Debian Fondation that also gives us a great recognition of PeerTube’s usefulness.

Since June, we have developed and added many features to PeerTube: videos and channels global search (available on the search field of instances and on our search engine SepiaSearch as well), several moderation tools, significant improvements for playlists and to the plugin system… the list goes on!

Live and peer-to-peer video broadcasting is encoded but still needs to be tested and refined… Because even though this live will be minimalist (no chat or reaction tools, etc.), most of the work is in the details and finishing touches. We are planning to publish a nearly-finished version (the « Release Candidate » or « RC ») in mid-December and the stable v3 in January 2021.

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0

Decentralizing is political

Since the launch of the De-google-ify Internet campaign in 2014, Framasoft works towards to:

  • raise awareness on data centralization by monopolistic actors (GAFAM, etc.);
  • offer alternative services on its servers to show that FLOSS presents ethical and practical tools;
  • swarm, spread these tools to increase ethical service hosting options and help internet users in seeking of digital emancipation.

In 2020, we focused on the swarming part with the objective that the services offered by Framasoft wouldn’t be a default solution anymore but a first step in its digital emancipation.

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0

 

De-google-ify while keeping services on a human scale

Maintaining more than 30 online services involves to keep track of updates of all the free-libre softwares behind these services, while each one is developed by its community at their own pace. Once again this year, we have ensured to keep the offered services up to date, with important updates for Framadrive, Framagenda, Framatalk, Framaforms, Framapiaf, Framateam and this morning Framadate.

The more our services are known, the more attractive they become for malevolent uses, including spam. The cheats’ inventiveness is limitless, they want to show their fraudulent links at all costs. For months we have dedicated ourselves (and an article of this blog) to fight against such unwanted uses.

It was estimated early 2020 that about one million people were using our services every month. That’s a lot for a small not-for-profit of 35 members including 10 employees. As explained in the article about our actions during the first French lockdown, needs for online services skyrocketed, we had to change our ways of helping users.

That’s why we completed the work on our websites and tools to exchange with each other. Our contact page, our donation page and the contextual menu on all of our websites have been completely redesigned. The aim is for you to be autonomous by giving you directly adapted answers, and to favor mutual aid on our forum.

All these issues have a common trait: the overuse of our services compared to our team size, who has decided to moderate its growth. To compensate for this, we will continue to transform some of our services into portals to the same tools but that are installed in other trusted hosts, most often members of the CHATONS collective.

De google-ify the Internet, seen by Péhä (CC-By)

 

CHATONS, the Collective of Alternative Hosters

The CHATONS collective, whose members offer ethical online services according to the values of their Manifesto and the commitments in their Charter, grows and evolves. Throughout this year, Framasoft has been spending hours to coordinate the collective. The pleasant internal dynamic proves that it pays off.

During the year, in addition to the forum exchanges, the CHATONS held a monthly audio-meeting between available members. The collective was thus better organized to welcome new members, to revise and update the charter, or to contribute to the « litter »(the wiki where the CHATONS share technical, legal and administrative information, etc.)

Let’s note that during the French lockdown, the CHATONS opened a new website that offers nine online services without registration, and hosted ethically. Icing on the cake, these services are decentralized and you have nothing to do: choose one service and the website will transfer you randomly to one of the collective members offering this tool.

Today many actions are in progress: important improvements for the chatons.org website, statistical collecting tools in order to improve what the collective members offer, and of course, the welcoming of the future collective members planned for the end of the year!

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0 Edit: stickers of this picture are available on David Revoy’s shop

Partnerships in our archipelago

Throughout the year, we kept maintaining the links that unite us to the partners composing our archipelago while creating new relationships.

Exchanges with many organizations (ArtyFarty, Alternatiba, Le réseau Information Jeunesse (the Youth Information Network), WebAssoc, LentCiné, Exodus Privacy, Designers Ethiques, L’Institut de Recherche et d’Innovation (Institute for Research and Innovation), the Gilets Jaunes (Yellow Vests movement), etc.) on their conversion to free-libre tools show that more and more organizations wish to match their digital tools with the values they uphold. In order to show that this consistency is possible, we published 3 blogposts to document this process and we will keep doing it in 2021.

With some of these organizations, we go even further than simple exchanges and try to actively support them as much as we can in this methodology. For example, we help and support the InterHop collective approach that promotes the use of FLOSS in the health field (and especially on the French Health Data Hub). For a year, we freely provided a PeerTube server of high capacity to ImagoTV. And we work directly with Résistance à l’Agression Publicitaire (a French nonprofit fighting against aggressive advertisement) on Pytition, a software for free-libre petitions.

Moreover, driven by the Colibris movement and in partnership with AnimaCoop and Ritimo, we took part in the realization and organization of the online training course Créer un projet collectif : méthodes et outils éthiques (Create a collective project: ethical methods and tools for organizations). This online course that took place from November 2nd to December 3rd allows 55 persons to discover many free-libre collaborative tools. We have also gladly accepted to be part of a working group tht is developing content for a MOOC produced by Telecom Paris about How to contribute to FLOSS.

Finally, throughout the year, we have continued our partnership with Mélanie and Lilian who are producing the Métacartes Numérique Ethique (Ethical Digital Metacards). This physical card game (each linked to a website) helps people promote ethical digital technology by explaining concepts, encouraging new uses, presenting discussions and questioning the criteria for trust in a digital tool.

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0

Emancipating through popular education

In a few years, Framasoft went from an « association promoting free-libre softwares and its culture » to « a popular education association on digital issues ». That’s not insignificant.

As our degooglization and decentralization experiments went by, we have figured out that FLOSS is not an end in itself. It’s a mean (necessary and insufficient) to favor software users’ emancipation. It is true for every digital content: sotfwares, cultural works, etc.

In the course of our interventions and supports, we have noticed that knowledge, know-how and concepts transmission is much more effective when it happens in equal relationships, where each learns from the experience of others and comes out enriched from this exchange.

That’s why we believe that contributing to digital emancipation means trying to apply (when you can, and if you succeed) popular education values and methods.

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0

Spreading FLOSS and Commons’ culture

Last May, the volunteers of our publishing house, Framabook, published four short story collections written by Yann Kervran in his medieval universe, Hexagora. His Qit’a (volume 1 to 4) let us explore the time of the Crusades that the author evoke so vividly. Go to Framabook to download the first, second, third and fourth volume of the Qit’a (in French).

This year, Framabook published the fourth volume of Grise Bouille. « How code profiling can help us fight against tax evasion? Should we refuse to visit people owning a smart speaker? Is the industrial society about to collapse? » In this book, Gee answers these questions (and much more) by gathering the comic books, watercolors and texts published between July 2018 and September 2020 on his grisebouille.net blog. The anthology is available on Framabook (French).

This year again, the Framablog has been really active. The weekly web review Khryspresso is released by Khrys every Monday and is the joy of every follower of this informative rendezvous. Framalang translation group published many translations including the collection « Détruire le Capitalisme de Surveillance » by Cory Doctorow. Finally, in December we are going to reveal a great contribution with the audio reading of some Framablog articles.

We had the pleasure to work more often with David Revoy, the author of Pepeer & Carrot, the free-libre open source webcomic, who draws a lot of illustrations for us. We asked the father of Sepia (PeerTube mascot) and Rose (Mobilizon mascot) to regularly help us illustrate what we do, such as this Framablog article.

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0

 

Sharing how to adopt ethical digital tools

In February, we published (in French) the first MOOC CHATONS module: « Internet: why and how to take back control? ». Co-conceived with the French organization La Ligue de l’enseignement, this online and open course can be followed in autonomy to discover how our digital landscape was built, invaded and walled by tech giants, and learn the ways to emancipate.

In March, we experimented a « librecours » to acquire the keys to FLOSS culture, especially those of free license. Whether you are a creator, a prescriber, a spectator, a student or all of the above, this course teaches you how to use online cultural content and spread your own. This first experience was lead by Stéphane Crozat (a Framasoft member and a teacher at UTC) and organized by some of our members. And it was very rewarding!

Last June, we revealed [RESOLU] (a guide to accompany organizations towards the adoption of free alternative solutions). It’s a highly contributopic project since it’s the result of the collaborative work of Framasoft, the « chaton » Picasoft and the « Mission Libre-Education Nouvelle des CEMEA ». [RESOLU] is a set of didactic sheets, under free-libre license and in PDF, web and paper format… to accompany towards FLOSS use organizations that act for the Social Solidarity Economy.

Created in partnership with the popular education collective La Dérivation, we published in September a directory of French actors of free digital accompanying. Even though it’s just a snapshot, it draws up an inventory of people, structures and organizations providing free digital accompanying with their contact details.

Illustration by David Revoy – Licence: CC-by 4.0

Talking to each other despite distance

Before the pandemic, we were faithful to our habit of speaking out in many events. At the beginning of the year, we participated (for example) to the hundredth anniversary of the League of Nations in Geneva, to the WebAssembly days, to the Digital Freedoms Festival, to an Alternatiba mini-village in Toulouse and to the Café des sciences of Chambéry.

The « contribateliers » are workshops where people can contribute to FLOSS without writing a single line of code (except if you like it!). While the contribateliers events spread in early 2020 (Lyon, Tours, Toulouse, Paris, Nantes…), their creators adapted themselves to the pandemic and offered « confinateliers », the online version of the « contribateliers ». Thanks to BBB, the free video conference software, two confinateliers took place this year, each gathering around 80 people in various video chatrooms to contribute to free-libre projects.

Framasoft kept intervening, remotely, to present digital issues and tools to get emancipated. Whether it’s to share in English our typically French experiments during the 35th anniversary of the FSF (Free Software Foundation), or to defend the dignity of the associative model during the online festival EthicsByDesign, we responded to many invitations to express ourselves online.

Free software activism successes in France with Pouhiou and Eda Nano – FSF 35th birthday

… by the way in 2020 we also farted.

 

Going through 2020 thanks to your trust

This year was complicated and difficult for everyone and it’s not easy to review it (to the extent where two articles were needed, including one explaining our actions during the first lockdown (French)).

If we were able to keep a free mind while doing what we did this year, it’s thanks to you. The support and trust we receive every year in donations, kind words, sympathy and contributions… all give meaning and significance to our experiments.

We truly thank you for accompanying us in this developments.

It’s the time of the year where we have to remind you that these actions have a cost and that Framasoft is almost exclusively funded by your donations. With tax relief (available for french taxpayers) a €100 donation to Framasoft represents €34 after deduction.

Thus, if you wish to support our actions and think you can afford it, don’t hesitate to click on the button below 😉

Support Framasoft




Pour un monde avec un million de Netflix

À l’occasion du #DayAgainstDRM, attardons-nous sur un des géants du web.

Cette multinationale dont l’initiale n’est pas dans GAFAM a eu un rôle déterminant pour imposer des verrous numériques (les DRM) dans nos appareils, nos logiciels et jusque dans ce qui fait le web.

À noter : cet article bénéficie désormais d’une version audio.
Merci à Sualtam, auteur de lectureaudio.fr pour cette contribution active.

Il est temps qu’on parle de Netflix.

Pour en savoir plus sur le #DayAgainstDRM.

 

Le péché originel : le droit d’auteur

La convention de Berne, initialement signée en 1886 par moins d’une dizaine d’états de la zone européenne, implique aujourd’hui 179 membres. Lire cette convention permet de reprendre la mesure des interdits qu’elle pose. Elle stipule notamment que le droit de communiquer au public la représentation d’une œuvre est soumise à l’autorisation de son auteur. C’est ce que l’on appelle le droit patrimonial : « l’auteur d’une œuvre de l’esprit jouit sur cette œuvre, du seul fait de sa création, d’un droit de propriété incorporelle exclusif et opposable à tous » (article L111-1 du code de la propriété intellectuelle français).

mimiandeunice.com — ♡ Copying is an act of love. Please copy & share.

En France le droit patrimonial s’installe dans la loi en 1791, juste après la révolution, il est alors octroyé pour une durée couvrant la durée de la vie de l’auteur plus cinq ans. Petit à petit cette durée a été augmentée pour atteindre aujourd’hui 70 ans après la mort de l’auteur. Certaines exceptions font que c’est parfois un peu plus (je vous le mets quand même ?), parfois moins, notamment dans le cas des œuvres collectives (où ce n’est « que » 70 ans après la publication de l’œuvre). Dans d’autres pays c’est également parfois plus, parfois moins (c’est « seulement » 50 ans après la mort de l’auteur au Canada). On peut retenir qu’une œuvre publiée en 2020 ne pourra pas être reproduite sans autorisation de l’auteur au moins jusqu’en 2070, souvent 2090. Au XXIIe siècle quoi. C’est dans longtemps.

Oui, on sait, il faut bien que les industries culturelles vivent, que les auteurs soient rémunérés, etc. On aurait des choses à dire, mais ce n’est pas le sujet… Quand même, il faut garder en tête que ces lois ont été envisagées d’un point de vue industriel, de façon à garantir un retour sur investissement à des sociétés qui mobilisaient des moyens techniques lourds et onéreux. L’habillage sous terme de « droit d’auteur » n’est qu’une apparence sémantique : ce qui importe, c’est de sécuriser la filière de captation industrielle de la valeur.

En résumé, les créations ne sont pas librement exploitables en général et on parle d’ayant-droits pour désigner les personnes qui ont le contrôle d’une œuvre.

Le droit d’auteur, allégorie.

La gestion des droits numériques aka le DRM

La copie étant devenue plus facile — mais pas plus légale — avec les facilités ouvertes par la numérisation des œuvres, puis les facilités de circulation prolongées par Internet puis le Web, les ayants droit ont cherché des moyens de lutter contre ce qui profitait à presque tout le monde. Sauf eux donc. Notons qu’un ayant droit n’est en général pas un auteur. Celui-ci a généralement cédé ses droits patrimoniaux à l’ayant droit qui les exploite et lui reverse une partie des bénéfices. La répartition occasionne d’ailleurs régulièrement des négociations et souvent des conflits, comme lors de la grève des scénaristes américains, fortement syndiqués, qui bloqua une partie de la production audiovisuelle états-unienne en 2007-2008.

Les ayants droits, qui ont donc des droits à faire valoir même quand ils n’ont en rien contribué à l’œuvre — c’est le cas des héritiers des écrivains par exemple — ont déployé de nombreuses stratégies pour défendre leurs droits. Dont les DRM. Un DRM c’est un programme informatique dont l’objectif est de faire dysfonctionner la lecture d’un fichier dans le cas général. C’est un buggeur. Informatiquement c’est assez étonnant comme pratique, ça consiste à faire en sorte que les programmes fonctionnent moins bien. Donc si vous avez un contenu sous DRM, vous devez disposer du moyen technique (un logiciel non libre le plus souvent) fourni par celui qui gère l’accès au contenu pour le lire.

Brendan Mruk and Matt Lee — CC BY-SA

On pourrait aussi parler des nombreuses occasions où les DRM empêchent les programmes de fonctionner même dans le cas où a été légitimement acquis le contenu — parce que quand vous vous amusez à faire exprès de faire dysfonctionner des programmes, eh bien c’est plus facile que de les faire de nouveau fonctionner après — mais ce n’est pas non plus le sujet. On pourrait aussi expliquer que les DRM n’empêchent pas ceux qui veulent vraiment accéder aux contenus de le faire tout de même et donc qu’ils ont surtout comme conséquence de compliquer la vie de tout le monde sans rien résoudre en réalité. Mais ce n’est toujours pas notre sujet. Gardez néanmoins en tête que le vendeur peut ainsi effacer un de vos livres, même d’Orwell, avec toutes vos notes, voire votre bibliothèque complète car il ne trouve pas cette activité assez rentable.

En résumé il est illégal de diffuser le contenu de quelqu’un sans son accord et il existe des techniques pour compliquer la vie de ceux qui voudraient le faire quand même.

Quand les fabricants du Web ont laissé entrer les DRM

Le web n’a pas échappé aux DRM. Cela s’appelle les EME (Encrypted Media Extension). Il y a eu des oppositions, la FSF, l’Electronic Frontier Foundation, les associations militantes du libre. Et il y a eu aussi des acteurs, dont le W3C et Mozilla qui ont cédé devant la puissance des industriels souhaitant exploiter le droit d’auteur et devant les pratiques déjà en place. Ce fut certainement le processus de standardisation du web le plus controversé, et ce sont les promoteurs des DRM qui ont gagné.

https://www.w3.org/TR/encrypted-media

Et aujourd’hui cela verrouille le web.

Le composant de gestion des DRM dans le navigateur n’est pas libre. Mozilla Firefox, ainsi que la majorité des autres navigateurs non libres utilisent Widevine de Google. Il est très difficile techniquement et totalement interdit légalement de chercher à en connaître les codes sources. Il est donc illégal de connaître le fonctionnement de l’un des outils que l’on utilise le plus au quotidien. Oui, même si c’est Firefox.

De plus le mécanisme DRM rend la construction de nouveaux navigateurs plus compliquée, voire même impossible selon Cory Doctorow. En fait il reste possible de fabriquer un nouveau navigateur mais il ne pourra pas lire les contenus sous DRM. Parce qu’un éventuel système DRM alternatif, c’est compliqué à faire, et que ça n’aurait de toutes façons pas la confiance des ayants droit. Et puis parce que Google, l’acteur dominant sur ce terrain (oui, sur ce terrain-là aussi) n’acceptera pas de licencier un lecteur Widevine libre.

Notez bien, même si vous avez bien acquis le droit d’accéder à ces contenus, que vous avez tout bien payé, vous ne pourrez pas les lire. Un tel navigateur libre a donc peu de chance de survivre, en dehors du cercle militant (c’est par exemple le cas du Tor Browser construit sur la base de Mozilla Firefox mais n’intégrant pas le composant propriétaire Widevine).

En résumé, il est aujourd’hui impossible de diffuser de la vidéo, et des médias en général, sous droit d’auteur sur le Web sans un accord avec un géant du numérique.

L’émergence du continent Netflix

Mettre en place un serveur d’accès libre à des fichiers ne coûte pas grand chose. En 2020, c’est vrai même pour des vidéos. Avec une machine solide qui coûtera quelques centaines d’euros par mois à amortir (accès Internet, disques, énergie, etc…), on peut diffuser quelques milliers de films à quelques milliers d’utilisateurs (peut être pas de la 4K en streaming à toute heure, mais ce serait tout de même une offre suffisante pour de nombreux utilisateurs relativement modestes dans leurs usages). Donc en théorie de nombreuses sociétés commerciales devraient être en mesure d’offrir un tel service. On devrait être en situation de concurrence forte.

Mais ce n’est pas ce que l’on observe. On observe une domination oligarchique avec Netflix qui confisque environ la moitié du marché en Europe et une vingtaine d’acteurs au dessus de 5% de parts de marché.

Netflix et les DRM, par la FSF.

Pourquoi est-on dans cette situation ? Parce que la mise en place du service implique surtout d’acheter des droits. Et qu’il faut ensuite une infrastructure technique solide pour gérer les données, les chiffrer, les diffuser à ceux qui ont acquis le privilège d’y accéder et pas aux autres, etc. Sinon on risque d’être poursuivi en justice par les ayants droits.

Donc il faut des moyens. Beaucoup de moyens.

En résumé, c’est à cause de l’état du droit international qu’il est coûteux de diffuser la culture par des voies légales. Et c’est parce que c’est coûteux que l’on assiste à l’émergence de cet acteur proto-monopolistique qu’est Netflix.

Plus, c’est mieux

À noter que le monopole est une stratégie de développement industriel à part entière1, consciemment appliquée. Il signifie donc être et rester seul tout en haut. Cela implique une guerre commerciale permanente avec d’éventuels concurrents (guerre alimentée par la puissance financière des actionnaires).

Or le monopole pose problème. Il permet, une fois établi, des pratiques commerciales inégales, c’est donc un problème pour les consommateurs qui deviennent dépendants d’un système, sans alternative. C’est même pour ça qu’il est combattu depuis très longtemps2, même dans des zones où l’économie de marché n’est pas discutée3.

L’Oncle Sam peint par James Montgomery Flagg pendant la Première Guerre mondiale — Wikipédia, Public Domain

Mais, notamment quand il touche à la culture, le monopole pose d’autres problèmes, que d’aucuns considéreront comme plus importants.

Il engendre la concentration de la distribution. Qu’un diffuseur choisisse ce qu’il veut diffuser est légitime. C’est son business. Son catalogue c’est son business, s’il ne veut pas gérer de vieux films lents en noir et blanc, c’est son droit. S’il ne veut pas de film chinois ou français, il fait bien ce qu’il veut sur ses serveurs. S’il veut entraîner des IA à pousser des utilisateurs à regarder tout le temps les mêmes genres de trucs, c’est son problème (bon, et un peu celui des utilisateurs si c’est fait à leur insu, mais disons qu’ils donnent leur consentement, même moyennement éclairé, à un moteur de recommandation, donc qu’ils ne sont pas totalement innocents).

Mais dès lors qu’il n’y a plus qu’un seul diffuseur, c’est différent, car il décide alors de ce qui est diffusé. Tout court. Il acquiert le pouvoir de faire disparaître des pans entier de la culture. Et de décider de ce que sera celle de demain.

En résumé, la recherche du monopole est une stratégie économique des géants du web ; appliquée aux domaines culturels, elle engendre un contrôle de la culture.

Le pouvoir de fabriquer la culture

Mais ça ne s’arrête pas là. L’acteur monopolistique devient riche, très riche. Si c’est un vendeur de livres, il se met à commercialiser d’autres trucs rentables (comme des médicaments). Si c’est un diffuseur de films et de séries, il se met aussi à produire des films et des séries. C’est lui qui paye les acteurs, les scénaristes et qui choisit ce qu’il va diffuser. Il rachètera ou créera ensuite des écoles du cinéma qui expliqueront comment faire les choses comme il pense qu’il faut les faire. Il conçoit ses propres appareils pour imposer son format exclusif non-standard, en ne permettant pas la lecture d’autres formats, ouverts.

Bref il se déploie. Il acquiert le pouvoir de faire la culture. Il devient la culture. Mais ce n’est pas un être humain, un artiste, un poète, c’est un système industriel qui a pour but de grossir pour générer des profits financiers. Il va donc fourbir ses outils pour servir ces buts. Des recettes de storytelling sont définies, puis usées jusqu’à la trame tant qu’un retour sur investissement suffisant est réalisé. Un marketing de plus en plus précis va tenter de définir des communautés, des profils, à servir selon des algorithmes toujours plus précis, nourris d’informations collectées de façon pantagruélique. L’expérience utilisateur sera étudiée, affinée, optimisée afin de contraindre l’usager par des moyens détournés à demeurer dans l’écosystème contrôlé par l’industrie. Ses concurrents vont s’efforcer de le dépasser en y consacrant plus de moyens techniques et financiers, en appliquant le même genre de recettes, pour servir les mêmes objectifs.

Un démocrate, une pièce de Julie Timmerman et un dossier : Edward Bernays, petit prince de la propagande (C&F Éditions https://cfeditions.com/bernays)

Le but est désormais de s’arroger le plus de temps de cerveau disponible que possible.

C’est là que réside le véritable souci : la place hégémonique de ce modèle économique fait qu’il définit nos horizons d’une façon mondialisée uniforme. En cherchant à capter notre attention, cela définit nos protentions, notre attente de l’avenir d’une façon univoque. Il assèche notre écosystème symbolique des possibles. Il limite nos portes de sortie. Il renforce sa propre vision du monde. Le modèle dominant issu d’une société anglo-saxonne capitaliste, avec ses présupposés et ses valeurs, finit ainsi par être essentialisé.

En résumé, plus petit est le nombre d’acteurs qui font la culture et plus restreinte est cette culture, qui tend à l’uniforme.

Un monde sans Netflix ? Non, un monde avec un million de Netflix !

Est-il possible de faire autrement ? Is there an alternative ? Oui et non. On peut imaginer.

Dimitri Damasceno — CC BY-SA https://www.flickr.com/photos/dimidam/12380371

On peut imaginer le soutien par chaque état de sa propre industrie numérique de façon à disposer de, disons 100 Netflix, deux ou trois par pays qui aurait l’envie et les moyens4.

On pourrait aussi imaginer de réduire les contraintes législatives et techniques liées au droit d’auteur. On arriverait peut-être à 1000 Netflix en réduisant ainsi le coût d’entrée juridique. On garderait des interdits (la reproduction massive), des embargos (6 mois, 1 an, 3 ans, mais pas 70 ans), etc. On resterait globalement dans le cadre actuel, mais selon une équation plus équilibrée entre ayants droits et utilisateurs.

Et puis allons plus loin, imaginons un monde où la culture serait sous licences libres. Chacun pourrait librement créer une activité basée sur l’exploitation des œuvres. On ouvrirait un site de diffusion de musique ou de séries comme on ouvre un commerce de proximité ou un chaton. Ça ferait sûrement un million de Netflix. Un archipel de Netflix où chaque îlot aurait sa vision, avec des archipels qui ne pourraient pas se voir. Mais on s’en foutrait, s’il y avait un million de Netflix, il y en aurait bien un qui nous correspondrait (même si on est d’un naturel exigeant).

On peut donc imaginer. Mais on peut aussi commencer dès aujourd’hui à mettre les voiles.

Les auteurs peuvent déposer leurs œuvres sous licence libre, pour préparer le monde de demain. Ils peuvent le faire quelques mois, voire années, après une exploitation commerciale classique. Ça permettra à d’autres d’en vivre. À la culture de se diffuser. Et même ça les aidera peut-être en tant que créateurs et créatrices, à faire émerger d’autres modèles de financement de la culture, moins mortifères que ceux qui existent actuellement pour les créateurs et créatrices5.

Les utilisateurs de culture peuvent agir via leurs usages, c’est à dire avec leurs porte-monnaie comme le propose la FSF :

 

Cancel your subscription to Netflix, and tell them why. https://defectivebydesign.org/cancelnetflix.

Il est également possible de soutenir directement des créateurs et créatrices qui tentent de sortir de ces ornières, en proposant leur travail sous licences libres.

Les citoyens peuvent jouer de leur influence en interpellant les détenteurs du pouvoir politique, ou en soutenant les acteurs associatifs qui militent contre les DRM, comme la FSF ou La Quadrature Du Net.

En résumé ? Coupez votre abonnement Netflix et envoyez les sous à une asso, un·e artiste de votre choix, qui milite pour un truc chouette ou qui simplement produit des contenus à votre goût. Même si c’est juste pour un mois ou deux, histoire de voir comment ça fait…




Détruire le capitalisme de surveillance – 4

Voici la quatrième  partie de l’essai que consacre Cory Doctorow au capitalisme de surveillance (parcourir sur le blog les épisodes précédents – parcourir les trois premiers épisodes en PDF : doctorow-1-2-3).

Traduction Framalang : Claire, Fabrice, goofy,  jums, mo, ngfchristian, retrodev, tykayn

Billet original sur le Medium de OneZero : How To Destroy Surveillance Capitalism

Les monopoles n’engendrent pas la surveillance, mais ils l’encouragent certainement

par Cory Doctorow

Les industries compétitives sont fragmentées dans le sens où elles sont composées d’entreprises qui s’entre-déchirent en permanence et qui rognent sur leurs marges respectives lorsqu’elles proposent des offres à leurs meilleurs clients. Ce qui leur laisse moins d’investissement afin d’obtenir des règles plus favorables. Cette situation rend aussi plus difficile la mutualisation des ressources de chaque entreprise au profit de l’industrie toute entière.

La rencontre entre la surveillance et l’apprentissage machine est censé être l’aboutissement d’une crise existentielle, un moment particulier pour l’espèce humaine où notre libre arbitre serait très proche de l’extinction pure et simple. Même si je reste sceptique quant à cette hypothèse, je pense tout de même que la technologie pose de réelles menaces existentielles à notre société (et aussi plus généralement pour notre espèce entière).
Et ces menaces viennent des monopoles.

L’une des conséquences de l’emprise de la technologie sur la réglementation est qu’elle peut rejeter la responsabilité de mauvaises décisions en matière de sécurité sur ses clients et sur la société en général. Il est tout à fait banal dans le domaine de la technologie que les entreprises dissimulent les mécanismes de leurs produits, qu’elles en rendent le fonctionnement difficile à comprendre et qu’elles menacent les chercheurs en sécurité indépendants qui auditent ces objets.

L’informatique est le seul domaine dans lequel ces pratiques existent : personne ne construit un pont ou un hôpital en gardant secret la composition de l’acier ou les équations utilisées pour calculer les contraintes de charge. C’est une pratique assez bizarre qui conduit, encore et toujours, à des défauts de sécurité grotesques à une échelle tout aussi grotesque, des pans entiers de dispositifs étant révélés comme vulnérables bien après qu’ils ont été déployées et placés dans des endroits sensibles.

Le pouvoir monopolistique qui tient à distance toute conséquence significative de ces violations, signifie que les entreprises technologiques continuent à créer des produits exécrables, mal conçus et qui finissent par être intégrés à nos vies, par posséder nos données, et être connectés à notre monde physique. Pendant des années, Boeing s’est battu contre les conséquences d’une série de mauvaises décisions technologiques qui ont fait de sa flotte de 737 un paria mondial, c’est l’un des rares cas où des décisions technologiques de piètre qualité ont été sérieusement sanctionnées par le marché.

Ces mauvaises décisions en matière de sécurité sont encore aggravées par l’utilisation de verrous de copyright pour faire appliquer des décisions commerciales à l’encontre des consommateurs. Souvenez-vous que ces verrous sont devenus un moyen incontournable de façonner le comportement des consommateurs, qui rend techniquement impossible l’utilisation de cartouches d »encre compatibles, d’insuline, d’applications mobiles ou de dépôts de services tiers en relation avec vos biens acquis légalement.

Rappelez-vous également que ces verrous sont soutenus par une législation (telle que la section 1201 du DMCA ou l’article 6 de la directive européenne sur le droit d’auteur de 2001) qui interdit de les altérer (de les « contourner »), et que ces lois ont été utilisées pour menacer les chercheurs en sécurité qui divulguent des vulnérabilités sans la permission des fabricants.

Cela revient à un véritable veto des fabricants sur les alertes de sécurité et les critiques. Bien que cela soit loin de l’intention législative du DMCA (et de son équivalent dans d’autres juridictions dans le monde), le Congrès n’est pas intervenu pour clarifier la loi et ne le fera jamais, car cela irait à l’encontre des intérêts des puissantes entreprises dont le lobbying est imparable.

Les verrous de copyright sont une arme à double tranchant. D’abord parce qu’ils provoquent de mauvaises décisions en matière de sécurité qui ne pourront pas être librement étudiées ni discutées. Si les marchés sont censés être des machines à agréger l’information (et si les rayons de contrôle mental fictif du capitalisme de surveillance en font un « capitalisme voyou » parce qu’il refuse aux consommateurs le pouvoir de prendre des décisions), alors un programme qui impose légalement l’ignorance sur les risques des produits rend le monopole encore plus « voyou » que les campagnes d’influence du capitalisme de surveillance.

Et contrairement aux rayons de contrôle mental, ce silence imposé sur la sécurité est un problème brûlant et documenté qui constitue une menace existentielle pour notre civilisation et peut-être même pour notre espèce. La prolifération des dispositifs non sécurisés – en particulier ceux qui nous espionnent et surtout lorsque ces dispositifs peuvent également manipuler le monde physique, par exemple, qui tourne le volant de votre voiture ou en actionnant un disjoncteur dans une centrale électrique – est une forme de dette technique.
En conception logicielle, la « dette technique » fait référence à des décisions anciennes et bien calculées qui, avec le recul, s’avèrent être mauvaises. Par exemple, un développeur de longue date a peut-être décidé d’intégrer un protocole réseau exigé par un fournisseur, qui a depuis cessé de le prendre en charge.

Mais tout dans le produit repose toujours sur ce protocole dépassé. Donc, à chaque révision, des équipes doivent travailler autour de ce noyau obsolète, en y ajoutant des couches de compatibilité, en l’entourant de contrôles de sécurité qui tentent de renforcer ses défenses, etc. Ces mesures de fortune aggravent la dette technique, car chaque révision ultérieure doit en tenir compte, tout comme les intérêts d’un crédit revolving. Et comme dans le cas d’un prêt à risque, les intérêts augmentent plus vite que vous ne pouvez espérer les rembourser : l’équipe en charge du produit doit consacrer tellement d’énergie au maintien de ce système complexe et fragile qu’il ne lui reste plus de temps pour remanier le produit de fond en comble et « rembourser la dette » une fois pour toutes.

En général, la dette technique entraîne une faillite technologique : le produit devient si fragile et instable qu’il finit par échouer de manière catastrophique. Pensez aux systèmes bancaires et comptables désuets basés sur du COBOL qui se sont effondrés au début de la pandémie lorsque les demandes d’allocations chômage se sont multipliées. Parfois, cela met fin au produit, parfois, cela entraîne l’entreprise dans sa chute. Être pris en défaut de paiement d’une dette technique est effrayant et traumatisant, tout comme lorsque l’on perd sa maison pour cause de faillite.
Mais la dette technique créée par les verrous de copyright n’est pas individuelle, elle est systémique. Chacun dans le monde est exposé à ce surendettement, comme ce fut le cas lors de la crise financière de 2008. Lorsque cette dette arrivera à échéance – lorsque nous serons confrontés à des violations de sécurité en cascade qui menacent le transport et la logistique mondiales, l’approvisionnement alimentaire, les processus de production pharmaceutique, les communications d’urgence et autres systèmes essentiels qui accumulent de la dette technique en partie due à la présence de verrous de copyright délibérément non sécurisés et délibérément non vérifiables – elle constituera en effet un risque existentiel.

Vie privée et monopole

De nombreuses entreprises technologiques sont prisonnières d’une orthodoxie : si elles recueillent assez de données sur suffisamment de nos activités, tout devient possible – le contrôle total des esprits et des profits infinis. C’est une hypothèse invérifiable : en effet, si des données permettent à une entreprise technologique d’améliorer ne serait-ce que légèrement ses prévisions de comportements, alors elle déclarera avoir fait le premier pas vers la domination mondiale sans retour en arrière possible. Si une entreprise ne parvient pas à améliorer la collecte et l’analyse des données, alors elle déclarera que le succès est juste au coin de la rue et qu’il sera possible de l’atteindre une fois qu’elle disposera de nouvelles données.

La technologie de surveillance est loin d’être la première industrie à adopter une croyance absurde et égoïste qui nuit au reste du monde, et elle n’est pas la première industrie à profiter largement d’une telle illusion. Bien avant que les gestionnaires de fonds spéculatifs ne prétendent (à tort) pouvoir battre le S&P 500 (l’équivalent du CAC40 américain), de nombreuses autres industries « respectables » se sont révélées être de véritables charlatans. Des fabricants de suppositoires au radium (si, si, ça existe!) aux cruels sociopathes qui prétendaient pouvoir « guérir » les homosexuels, l’histoire est jonchée de titans industriels autrefois respectables qui ont mal fini.

Cela ne veut pas dire que l’on ne peut rien reprocher aux Géants de la tech et à leurs addictions idéologiques aux données. Si les avantages de la surveillance sont généralement surestimés, ses inconvénients sont, à tout le moins, sous-estimés.

Cette situation est très ironique. La croyance que le capitalisme de surveillance est un « capitalisme voyou » s’appuie sur l’hypothèse que les marchés ne toléreraient pas des entreprises engluées dans de fausses croyances. Une compagnie pétrolière qui se trompe souvent sur l’endroit où se trouve le pétrole finira par faire faillite en creusant tout le temps des puits déjà secs.

Mais les monopoles peuvent faire des choses graves pendant longtemps avant d’en payer le prix. Imaginez comment la concentration dans le secteur financier a permis à la crise des subprimes de s’envenimer alors que les agences de notation, les régulateurs, les investisseurs et les critiques sont tous tombés sous l’emprise d’une fausse croyance selon laquelle les mathématiques complexes pourraient construire des instruments de dette « entièrement couverts », qui ne pourraient pas faire défaut. Une petite banque qui se livrerait à ce genre de méfaits ferait tout simplement faillite au lieu d’échapper à une crise inévitable, à moins qu’elle ait pris une telle ampleur qu’elle l’aurait évitée. Mais les grandes banques ont pu continuer à attirer les investisseurs, et lorsqu’elles ont finalement réussi à s’en sortir, les gouvernements du monde entier les ont renflouées. Les pires auteurs de la crise des subprimes sont plus importants qu’ils ne l’étaient en 2008, rapportant plus de profits et payant leurs dirigeants des sommes encore plus importantes.

Les grandes entreprises technologiques sont en mesure de surveiller non seulement parce qu’elles sont technologiques, mais aussi parce qu’elles sont énormes. La raison pour laquelle tous les éditeurs de sites web intègrent le bouton «J’aime » de Facebook, est que Facebook domine les recommandations des médias sociaux sur Internet – et chacun de ces boutons « J’aime » espionne tous les utilisateurs qui visitent sur une page qui les contient (voir aussi : intégration de Google Analytics, boutons Twitter, etc.).

Si les gouvernements du monde entier ont tardé à mettre en place des sanctions significatives pour atteintes à la vie privée, c’est parce que la concentration des grandes entreprises technologiques génère d’énormes profits qui peuvent être utilisés pour faire pression contre ces sanctions.
La raison pour laquelle les ingénieurs les plus intelligents du monde veulent travailler pour les Géants de la tech est que ces derniers se taillent la part du lion des emplois dans l’industrie technologique.

Si les gens se sont horrifiés des pratiques de traitement des données de Facebook, Google et Amazon mais qu’ils continuent malgré tout d’utiliser ces services, c’est parce que tous leurs amis sont sur Facebook, que Google domine la recherche et qu’Amazon a mis tous les commerçants locaux en faillite.

Des marchés concurrentiels affaibliraient le pouvoir de lobbying des entreprises en réduisant leurs profits et en les opposant les unes aux autres à l’intérieur d’une réglementation commune. Cela donnerait aux clients d’autres endroits où aller pour obtenir leurs services en ligne. Les entreprises seraient alors suffisamment petites pour réglementer et ouvrir la voie à des sanctions significatives en cas d’infraction. Cela permettrait aux ingénieurs, dont les idées remettent en cause l’orthodoxie de la surveillance, de lever des capitaux pour concurrencer les opérateurs historiques. Cela donnerait aux éditeurs de sites web de multiples moyens d’atteindre leur public et de faire valoir leurs arguments contre l’intégration de Facebook, Google et Twitter.

En d’autres termes, si la surveillance ne provoque pas de monopoles, les monopoles encouragent certainement la surveillance…

Ronald Reagan, pionnier du monopole technologique

L’exceptionnalisme technologique est un péché, qu’il soit pratiqué par les partisans aveugles de la technologie ou par ses détracteurs. Ces deux camps sont enclins à expliquer la concentration monopolistique en invoquant certaines caractéristiques particulières de l’industrie technologique, comme les effets de réseau ou l’avantage du premier arrivé. La seule différence réelle entre ces deux groupes est que les apologistes de la technologie disent que le monopole est inévitable et que nous devrions donc laisser la technologie s’en tirer avec ses abus tandis que les régulateurs de la concurrence aux États-Unis et dans l’UE disent que le monopole est inévitable et que nous devrions donc punir la technologie pour ses abus mais sans essayer de briser les monopoles.

Pour comprendre comment la technologie est devenue aussi monopolistique, il est utile de se pencher sur l’aube de l’industrie technologique grand public : 1979, l’année où l’Apple II Plus a été lancé et est devenu le premier ordinateur domestique à succès. C’est également l’année où Ronald Reagan a fait campagne pour la présidentielle de 1980, qu’il a remportée, ce qui a entraîné un changement radical dans la manière dont les problèmes de concurrence sont traités en Amérique. Toute une cohorte d’hommes politiques de Reagan – dont Margaret Thatcher au Royaume-Uni, Brian Mulroney au Canada, Helmut Kohl en Allemagne et Augusto Pinochet au Chili – a ensuite procédé à des réformes similaires qui se sont finalement répandues dans le monde entier.

L’histoire de la lutte antitrust a commencé près d’un siècle avant tout cela avec des lois comme la loi Sherman, qui ciblait les monopoles au motif qu’ils étaient mauvais en soi – écrasant les concurrents, créant des « déséconomies d’échelle » (lorsqu’une entreprise est si grande que ses parties constitutives vont mal et qu’elle semble impuissante à résoudre les problèmes), et assujettissant leurs régulateurs à un point tel qu’ils ne peuvent s’en tirer sans une foule de difficultés.

Puis vint un affabulateur du nom de Robert Bork, un ancien avocat général que Reagan avait nommé à la puissante Cour d’appel américaine pour le district de Columbia et qui avait inventé de toutes pièces une histoire législative alternative de la loi Sherman et des lois suivantes. Bork a soutenu que ces lois n’ont jamais visé les monopoles (malgré de nombreuses preuves du contraire, y compris les discours retranscrits des auteurs des de ces lois) mais qu’elles visaient plutôt à prévenir les « préjudices aux consommateurs » – sous la forme de prix plus élevés.
Bork était un hurluberlu, certes, mais les riches aimaient vraiment ses idées. Les monopoles sont un excellent moyen de rendre les riches plus riches en leur permettant de recevoir des « rentes de monopole » (c’est-à-dire des profits plus importants) et d’assujettir les régulateurs, ce qui conduit à un cadre réglementaire plus faible et plus favorable, avec moins de protections pour les clients, les fournisseurs, l’environnement et les travailleurs.

Les théories de Bork étaient particulièrement satisfaisantes pour les mêmes personnalités influentes qui soutenaient Reagan. Le ministère de la Justice et d’autres agences gouvernementales de l’administration Reagan ont commencé à intégrer la doctrine antitrust de Bork dans leurs décisions d’application (Reagan a même proposé à Bork de siéger à la Cour suprême, mais Bork a été tellement mauvais à l’audience de confirmation du Sénat que, 40 ans plus tard, les experts de Washington utilisent le terme « borked » pour qualifier toute performance politique catastrophique).

Peu à peu, les théories de Bork se sont répandues, et leurs partisans ont commencé à infiltrer l’enseignement du droit, allant même jusqu’à organiser des séjours tous frais payés, où des membres de la magistrature étaient invités à de copieux repas, à participer à des activités de plein air et à assister à des séminaires où ils étaient endoctrinés contre la théorie antitrust et les dommages qu’elle cause aux consommateurs. Plus les théories de Bork s’imposaient, plus les monopolistes gagnaient de l’argent – et plus ils disposaient d’un capital excédentaire pour faire pression en faveur de campagnes d’influence antitrust à la Bork.

L’histoire des théories antitrust de Bork est un très bon exemple du type de retournements d’opinion publique obtenus secrètement et contre lesquels Zuboff nous met en garde, où les idées marginales deviennent peu à peu l’orthodoxie dominante. Mais Bork n’a pas changé le monde du jour au lendemain. Il a été très endurant, pendant plus d’une génération, et il a bénéficié d’un climat favorable parce que les forces qui ont soutenu les théories antitrust oligarchiques ont également soutenu de nombreux autres changements oligarchiques dans l’opinion publique. Par exemple, l’idée que la fiscalité est un vol, que la richesse est un signe de vertu, etc. – toutes ces théories se sont imbriquées pour former une idéologie cohérente qui a élevé l’inégalité au rang de vertu.

Aujourd’hui, beaucoup craignent que l’apprentissage machine permette au capitalisme de surveillance de vendre « Bork-as-a-Service », à la vitesse de l’Internet, afin qu’on puisse demander à une société d’apprentissage machine de provoquer des retournements rapides de l’opinion publique sans avoir besoin de capitaux pour soutenir un projet multiforme et multigénérationnel mené aux niveaux local, étatique, national et mondial, dans les domaines des affaires, du droit et de la philosophie. Je ne crois pas qu’un tel projet soit réalisable, bien que je sois d’accord avec le fait que c’est essentiellement ce que les plateformes prétendent vendre. Elles mentent tout simplement à ce sujet. Les (entreprises de la) Big Tech mentent tout le temps, y compris dans leur documentation commerciale.

L’idée que la technologie forme des « monopoles naturels » (des monopoles qui sont le résultat inévitable des réalités d’une industrie, comme les monopoles qui reviennent à la première entreprise à exploiter des lignes téléphoniques longue distance ou des lignes ferroviaires) est démentie par la propre histoire de la technologie : en l’absence de tactiques anticoncurrentielles, Google a réussi à détrôner AltaVista et Yahoo, et Facebook a réussi à se débarrasser de Myspace. La collecte de montagnes de données présente certains avantages, mais ces montagnes de données ont également des inconvénients : responsabilité (en raison de fuites), rendements décroissants (en raison d’anciennes données) et inertie institutionnelle (les grandes entreprises, comme la science, progressent en liquidant les autres à mesure).

En effet, la naissance du Web a vu l’extinction en masse des technologies propriétaires géantes et très rentables qui disposaient de capitaux, d’effets de réseau, de murs et de douves autour de leurs entreprises. Le Web a montré que lorsqu’une nouvelle industrie est construite autour d’un protocole, plutôt que d’un produit, la puissance combinée de tous ceux qui utilisent le protocole pour atteindre leurs clients, utilisateurs ou communautés, dépasse même les produits les plus massivement diffusés. CompuServe, AOL, MSN et une foule d’autres jardins clos propriétaires ont appris cette leçon à la dure : chacun croyait pouvoir rester séparé du Web, offrant une « curation » et une garantie de cohérence et de qualité au lieu du chaos d’un système ouvert. Chacun a eu tort et a fini par être absorbé dans le Web public.

Oui, la technologie est fortement monopolisée et elle est maintenant étroitement associée à la concentration de l’industrie, mais c’est davantage lié à une question de temps qu’à des tendances intrinsèquement monopolistiques. La technologie est née au moment où l’application de la législation antitrust était démantelée, et la technologie est tombée exactement dans les mêmes travers contre lesquels l’antitrust était censé se prémunir. En première approximation, il est raisonnable de supposer que les monopoles de Tech sont le résultat d’un manque d’action anti-monopole et non des caractéristiques uniques tant vantées de Tech, telles que les effets de réseau, l’avantage du premier arrivé, etc.

À l’appui de cette théorie, je propose de considérer la concentration que tous les autres secteurs ont connue au cours de la même période. De la lutte professionnelle aux biens de consommation emballés, en passant par le crédit-bail immobilier commercial, les banques, le fret maritime, le pétrole, les labels discographiques, la presse écrite et les parcs d’attractions, tous les secteurs ont connu un mouvement de concentration massif. Il n’y a pas d’effets de réseau évidents ni d’avantage de premier arrivé dans ces secteurs. Cependant, dans tous les cas, ils ont atteint leur statut de concentration grâce à des tactiques qui étaient interdites avant le triomphe de Bork : fusion avec des concurrents majeurs, rachat de nouveaux venus innovants sur le marché, intégration horizontale et verticale, et une série de tactiques anticoncurrentielles qui étaient autrefois illégales mais ne le sont plus.

Encore une fois : lorsque vous modifiez les lois destinées à empêcher les monopoles, puis que les monopoles se forment exactement comme la loi était censée les empêcher, il est raisonnable de supposer que ces faits sont liés. La concentration de Tech peut être facilement expliquée sans avoir recours aux théories radicales des effets de réseau – mais seulement si vous êtes prêt à accuser les marchés non réglementés de tendre vers le monopole. Tout comme un fumeur de longue date peut vous fournir une foule de raisons selon lesquelles ce n’est pas son tabagisme qui a provoqué son cancer (« Ce sont les toxines environnementales »), les vrais partisans des marchés non réglementés ont toute une série d’explications peu convaincantes pour prétendre que le monopole de la technologie ne modifie pas le capitalisme.

Conduire avec les essuie-glaces

Cela fait quarante ans que le projet de Bork pour réhabiliter les monopoles s’est réalisé, soit une génération et demie, c’est à dire suffisamment de temps pour qu’une idée commune puisse devenir farfelue ou l’inverse. Avant les années 40, les Américains aisés habillaient leurs petits garçons en rose alors que les filles portaient du bleu (une couleur « fragile et délicate »). Bien que les couleurs genrées soient totalement arbitraires, beaucoup découvriront cette information avec étonnement et trouveront difficile d’imaginer un temps où le rose suggérait la virilité.

Après quarante ans à ignorer scrupuleusement les mesures antitrust et leur mise en application, il n’est pas surprenant que nous ayons presque tous oublié que les lois antitrust existent, que la croissance à travers les fusions et les acquisitions était largement interdite par la loi, et que les stratégies d’isolation d’un marché, comme par l’intégration verticale, pouvait conduire une entreprise au tribunal.

L’antitrust, c’est le volant de cette voiture qu’est la société de marché, l’outil principal qui permet de contrôler la trajectoire de ces prétendants au titre de maîtres de l’univers. Mais Bork et ses amis nous ont arraché ce volant des mains il y a quarante ans. Puisque la voiture continue d’avancer, nous appuyons aussi fort que possible sur toutes les autres commandes de la voiture, de même que nous ouvrons et fermons les portes, montons et descendons les vitres dans l’espoir qu’une de ces commandes puisse nous permettre de choisir notre direction et de reprendre le contrôle avant de foncer dans le décor.

Ça ressemble à un scénario de science-fiction des années 60 qui deviendrait réalité : voyageant à travers les étoiles, des humains sont coincés dans un « vaisseau générationnel » autrefois piloté par leurs ancêtres, et maintenant, après une grande catastrophe, l’équipage a complètement oublié qu’il est dans un vaisseau et ne se souvient pas où est la salle de contrôle. À la dérive, le vaisseau court à sa perte, et, à moins que nous puissions reprendre le contrôle et corriger le cap en urgence, nous allons tout fonçons droit vers une mort ardente dans le cœur d’un soleil.

La surveillance a toujours son importance

Rien de tout cela ne doit minimiser les problèmes liés à la surveillance. La surveillance est importante, et les Géants de la tech qui l’utilisent font peser un véritable risque existentiel sur notre espèce, mais ce n’est pas parce que la surveillance et l’apprentissage machine nous subtilisent notre libre arbitre.

La surveillance est devenue bien plus efficace avec les Géants de la tech. En 1989, la Stasi — la police secrète est-allemande — avait l’intégralité du pays sous surveillance, un projet titanesque qui recrutait une personne sur 60 en tant qu’informateur ou comme agent de renseignement.

Aujourd’hui, nous savons que la NSA espionne une partie significative de la population mondiale, et le ratio entre agents de renseignement et population surveillée est plutôt de l’ordre de 1 pour 10 000 (ce chiffre est probablement sous-estimé puisqu’il suppose que tous les Américains détenant un niveau de confidentialité top secret travaillent pour la NSA — en fait on ne sait pas combien de personnes sont autorisées à espionner pour le compte de la NSA, mais ce n’est certainement pas toutes les personnes classées top secret).

Comment ce ratio de citoyens surveillés a-t-il pu exploser de 1/60 à 1/10 000 en moins de trente ans ? C’est bien grâce aux Géants de la tech. Nos appareils et leurs services collectent plus de données que ce que la NSA collecte pour ses propres projets de surveillance. Nous achetons ces appareils, nous nous connectons à leurs services, puis nous accomplissons laborieusement les tâches nécessaires pour insérer des données sur nous, notre vie, nos opinions et nos préférences. Cette surveillance de masse s’est révélée complètement inutile dans la lutte contre le terrorisme : la NSA évoque un seul et unique cas, dans lequel elle a utilisé un programme de collection de données pour faire échouer une tentative de transfert de fond de quelques milliers de dollars d’un citoyen américain vers un groupe terroriste basé à l’étranger. Les raisons de cette inefficacité déconcertante sont les mêmes que pour l’échec du ciblage publicitaire par les entreprises de surveillance commerciale : les personnes qui commettent des actes terroristes, tout comme celles qui achètent un frigo, se font très rares. Si vous voulez détecter un phénomène dont la probabilité de base est d’un sur un million avec un outil dont la précision n’est que de 99 %, chaque résultat juste apparaîtra au prix de 9 999 faux positifs.

Essayons de le formuler autrement : si une personne sur un million est terroriste, alors nous aurons seulement un terroriste dans un échantillon d’un million de personnes. Si votre test de détecteur à terroristes est précis à 99 %, il identifiera 10 000 terroristes dans votre échantillon d’un million de personnes (1 % d’un million = 10 000). Pour un résultat juste, vous vous retrouvez avec 9 999 faux positifs.

En réalité, la précision algorithmique de la détection de terroriste est bien inférieure à 99 %, tout comme pour les publicités de frigo. La différence, c’est qu’être accusé à tort d’être un potentiel acheteur de frigo est une nuisance somme toute assez faible, alors qu’être accusé à tort de planifier un attentat terroriste peut détruire votre vie et celle de toutes les personnes que vous aimez.

L’État ne peut surveiller massivement que parce que le capitalisme de surveillance et son très faible rendement existent, ce qui demande un flux constant de données personnelles pour pouvoir rester viable. L’échec majeur du capitalisme de surveillance vient des publicités mal ciblées, tandis que celui de la surveillance étatique vient des violations éhontées des Droits de l’humain, qui ont tendance à dériver vers du totalitarisme.

La surveillance de l’État n’est pas un simple parasite des Géants de la tech, qui pomperait les données sans rien accorder en retour. En réalité, ils sont plutôt en symbiose : les Géants pompent nos données pour le compte des agences de renseignement, et ces dernières s’assurent que le pouvoir politique ne restreint pas trop sévèrement les activités des Géants de la tech jusqu’à devenir inutile aux besoins du renseignement. Il n’y a aucune distinction claire entre la surveillance d’État et le capitalisme de surveillance, ils sont tous deux co-dépendants.

Pour comprendre comment tout cela fonctionne aujourd’hui, pas besoin de regarder plus loin que l’outil de surveillance d’Amazon, la sonnette Ring et son application associée Neighbors. Ring — un produit acheté et non développé par Amazon — est une sonnette munie d’une caméra qui diffuse les images de l’entrée devant votre porte sur votre téléphone. L’application Neighbors vous permet de mettre en place un réseau de surveillance à l’échelle de votre quartier avec les autres détenteurs de sonnette Ring autour de chez vous, avec lesquels vous pouvez partager des vidéos de « personnes suspectes ». Si vous pensez que ce système est le meilleur moyen pour permettre aux commères racistes de suspecter toute personne de couleur qui se balade dans le quartier, vous avez raison. Ring est devenu de facto, le bras officieux de la police sans s’embêter avec ces satanées lois et règlements.

À l’été 2019, une série de demande de documents publics a révélé qu’Amazon a passé des accords confidentiels avec plus de 400 services de police locaux au travers desquelles ces agences font la promotion de Ring and Neighbors en échange de l’accès à des vidéos filmées par les visiophones Ring. En théorie, la police devrait réclamer ces vidéos par l’intermédiaire d’Amazon (et des documents internes ont révélé qu’Amazon consacre des ressources non-négligeables pour former les policiers à formuler des histoires convaincantes dans ce but), mais dans la pratique, quand un client Ring refuse de transmettre ses vidéos à la police, Amazon n’exige de la police qu’une simple requête formelle à adresser à l’entreprise, ce qu’elle lui remet alors.

Ring et les forces de police ont trouvé de nombreuses façons de mêler leurs activités . Ring passe des accords secrets pour avoir un accès en temps réel aux appels d’urgence (le 911) pour ensuite diffuser à ses utilisateurs les procès-verbaux de certaines infractions, qui servent aussi à convaincre n’importe quelle personne qui envisage d’installer un portier de surveillance mais qui ne sait pas vraiment si son quartier est suffisamment dangereux pour que ça en vaille le coup.

Plus les flics vantent les mérites du réseau de surveillance capitaliste Ring, plus l’État dispose de capacités de surveillance. Les flics qui s’appuient sur des entités privées pour faire respecter la loi s’opposent ensuite à toute régulation du déploiement de cette technologie, tandis que les entreprises leur rendent la pareille en faisant pression contre les règles qui réclament une surveillance publique de la technologie de surveillance policière. Plus les flics s’appuient sur Ring and Neighbors, plus il sera difficile d’adopter des lois pour les freiner. Moins il y aura de lois contre eux, plus les flics se reposeront sur ces technologies.




La dégooglisation de l’éditeur

Il y a quelques mois, avant que la covid19 ne vienne chambouler notre quotidien, Angie faisait le constat que nous n’avions finalement que très peu documenté sur ce blog les démarches de passage à des outils libres réalisées au sein des organisations. Celles-ci sont pourtant nombreuses à s’être questionnées et à avoir entamé une « degooglisation ». Il nous a semblé pertinent de les interviewer pour comprendre pourquoi et comment elles se sont lancées dans cette aventure. Ce retour d’expérience est, pour Framasoft, l’occasion de prouver que c’est possible, sans ignorer les difficultés et les freins rencontrés, les écueils et erreurs à ne pas reproduire, etc. Peut-être ces quelques témoignages parviendront-ils à vous convaincre de passer au libre au sein de votre structure et à la libérer des outils des géants du Web ?

La maison d’édition Pourpenser a attiré notre attention sur Mastodon avec ses prises de position libristes. En discutant un peu nous avons compris qu’elle a joint le geste à la parole en faisant évoluer ses outils informatiques. Ça n’est pas si fréquent, une entreprise qui se dégooglise. Nous lui avons demandé un retour d’expérience.

N’hésitez pas à consulter les autres articles de cette série consacrée à l’autonomisation numérique des organisations.

Bonjour, peux-tu te présenter brièvement ? Qui es-tu ? Quel est ton parcours ?

Albert, co-fondateur des éditions Pourpenser avec ma sœur Aline en 2002.

Petit je voulais être garde forestier ou cuisinier… autant dire que j’ai raté ma vocation 🙂 (même si j’adore toujours cuisiner).

En 1987 j’avais un voisin de palier qui travaillait chez Oracle. Après les cours je passais du temps sur un ordinateur qu’il me mettait à disposition : j’ai donc commencé avec un ordi sur MS-DOS et des tables SQL.

1987, c’était aussi le tout début de la PAO. Il y avait un logiciel dont j’ai perdu le nom dans lequel je mettais le texte en forme avec des balises du genre <A>ça fait du gras</A>, je trouvais ça beaucoup plus intéressant que PageMaker et lorsque j’ai découvert Ventura Publisher qui mariait les deux mondes, j’ai été conquis.

Par la suite j’ai travaillé une dizaine d’années dans la localisation de jeux vidéo et de CD-ROM : nous traduisions le contenu et le ré-intégrions dans le code. Ma première connexion à internet remonte à 1994 avec FranceNet, j’avais 25 ans. Je découvrais ce monde avec de grands yeux en m’intéressant au logiciel libre, à la gouvernance d’internet (je me rappelle notamment de l’ISOC et des rencontres d’Autrans) et ça bousculait pas mal de schémas que je pouvais avoir.

2000 : naissance de ma fille aînée, je quitte Paris, je prends un grand break : envie de donner plus de sens à ma vie.

2002 : naissance de mon fils et création de la maison d’édition avec ma sœur.

 

Tu nous parles de ton entreprise ?

Dans sa forme, Pourpenser est une SARL classique. Régulièrement, nous nous posons la question de revoir les statuts mais ça demande du temps et de l’argent que nous préférons mettre ailleurs. Finalement, le mode SARL est plutôt souple et dans les faits, nous avons une organisation très… anarchique. Même si avec Aline nous sentons bien qu’en tant que fondateurs notre voix compte un peu plus, l’organisation est très horizontale et les projets partent souvent dans tous les sens.

L'équipe des Éditions Pourpenser

Que fait-elle ?

Dès le départ, nous avons eu à cœur de proposer des livres « avec du sens ». Aborder des questions existentielles, des questions de sociétés ou autour de notre relation au vivant. La notion d’empreinte nous interpelle régulièrement. Ne pas laisser d’empreinte est compliqué. Mais peut-être pouvons-nous choisir de laisser une empreinte aussi légère qu’utile ? La cohérence entre le contenu des livres que nous éditons et la manière dont nous produisons et amenons ces livres aux lecteurs et lectrices a toujours été centrale… même si rester cohérent est loin d’être toujours simple.

Nous aimons dire que notre métier n’est pas de faire des livres mais de transmettre du questionnement. Ceci dit, depuis 2002, nous avons édité environ 120 titres et une soixantaines d’auteur·e·s. Nous aimons éditer des contes, des romans, des BD, des jeux, des contes musicaux qui vont amener à une discussion, à une réflexion. Mais qui sait si un jour nous n’irons pas vers du spectacle vivant, de la chanson…

Combien êtes-vous ?

Normalement, nous sommes 8 personnes à travailler quasi-quotidiennement sur le catalogue de la maison et cela fait l’équivalent d’environ 5 temps plein, mais avec la crise actuelle nous avons nettement plus de temps libre… À côté de ça, nous accompagnons une soixantaine d’auteur·e·s, travaillons avec une centaine de points de vente en direct et avons quelques dizaines de milliers de contacts lecteurs.

 

Est-ce que tout le monde travaille au même endroit ?

L’équipe de huit est principalement située dans l’ouest, et l’une de nous est du côté de Troyes. Nous nous réunissons environ deux fois par an et utilisons donc beaucoup le réseau pour échanger. Le confinement de mars n’a fondamentalement rien changé à notre façon de travailler en interne. Par contre, les salons et les festivals ou nous aimons présenter les livres de la maison nous manquent et le fait que les librairies fonctionnent au ralenti ne nous aide pas.


Tu dirais que les membres de l’organisation sont plutôt à l’aise avec le numérique ? Pas du tout ? Ça dépend ? Kamoulox ?

Globalement, la culture « utilisateur du numérique » est bien présente dans toute l’équipe. Mais je dirais que nous sommes surtout deux : Dominique et moi, que la question de « jouer avec » amuse. Pour le reste de l’équipe, il faut que ça fonctionne et soit efficace sans prise de tête.

 

Avant de lancer cette démarche, vous utilisiez quels outils / services numériques ?

Lors de la création en 2002, j’ai mis en place un site que j’avais développé depuis un ensemble de scripts PHP liés à une base MySQL. Pour la gestion interne et la facturation, j’utilisais Filemaker (lorsque je ne suis pas sur Linux, je suis sur MacOS), et au fur et à mesure de l’arrivée des outils de Google (gmail, partage de documents…) nous les avons adoptés : c’était tellement puissant et pratique pour une mini structure éclatée comme la nôtre.

Par la suite, nous avons remplacé Filemaker par une solution ERP-CRM qui était proposée en version communautaire et que j’hébergeais chez OVH (LundiMatin – LMB) et le site internet a été séparé en 2 : un site B2C avec Emajine une solution locale mais sous licence propriétaire (l’éditeur Medialibs est basé à Nantes) et un site B2B sous Prestashop.

Pour les réseaux sociaux : Facebook, Instagram Twitter, Youtube.

En interne, tout ce qui est documents de travail léger passaient par Google Drive, Hubic (solution cloud de chez OVH) et les documents plus lourds (illustrations, livres mis en page) par du transfert de fichiers (FTP ou Wetransfer).

 

Qu’est-ce qui posait problème ?

La version communautaire de LMB n’a jamais vraiment décollé et au bout de 3 ans nous avons été contraints de migrer vers la solution SaS, et là, nous avons vraiment eu l’impression de nous retrouver enfermés. Impossible d’avoir accès à nos tables SQL, impossible de modifier l’interface. À côté de ça une difficulté grandissante à utiliser les outils de Google pour des raisons éthiques (alors que je les portais aux nues au début des années 2000…)

 

Vous avez entamé une démarche en interne pour migrer vers des outils numériques plus éthiques. Qu’est-ce qui est à l’origine de cette démarche ?

La démarche est en cours et bien avancée.

J’ai croisé l’existence de Framasoft au début des années 2000 et lorsque l’association a proposé des outils comme les Framapad, framacalc et toutes les framachoses ; j’en ai profité pour diffuser ces outils plutôt que ceux de Google auprès des associations avec lesquelles j’étais en contact. Mes activités associatives m’ont ainsi permis de tester petit à petit les outils avant de les utiliser au niveau de l’entreprise.

Des outils (LMB, Médialibs) propriétaires avec de grandes difficultés et/ou coûts pour disposer de fonctionnalités propre à notre métier d’éditeur. Des facturations pour utilisation des systèmes existants plutôt que pour du développement. Un sentiment d’impuissance pour répondre à nos besoins numériques et d’une non écoute de nos problématiques : c’est à nous de nous adapter aux solutions proposées… Aucune liberté.

« un besoin de cohérence »

Quelle était votre motivation ?

La motivation principale est vraiment liée à un besoin de cohérence.

Nous imprimons localement sur des papiers labellisés, nous calculons les droits d’auteurs sur les quantités imprimées, nos envois sont préparés par une entreprise adaptée, nous avons quitté Amazon dès 2013 (après seulement 1 an d’essai)…

À titre personnel j’ai quitté Gmail en 2014 et j’avais écrit un billet sur mon blog à ce sujet. Mais ensuite, passer du perso à l’entreprise, c’était plus compliqué, plus lent aussi.

Par ailleurs nous devions faire évoluer nos systèmes d’information et remettre tout à plat.

 

…et vos objectifs ?

Il y a clairement plusieurs objectifs dans cette démarche.

  • Une démarche militante : montrer qu’il est possible de faire autrement.
  • Le souhait de mieux maîtriser les données de l’entreprise et de nos clients.
  • Le besoin d’avoir des outils qui répondent au mieux à nos besoins et que nous pouvons faire évoluer.
  • Quitte à développer quelque chose pour nous autant que cela serve à d’autres.
  • Les fonds d’aides publiques retournent au public sous forme de licence libre.
  • Création d’un réseau d’acteurs et actrices culturelles autour de la question du numérique libre.

 

Quel lien avec les valeurs de votre maison d’édition ?

Les concepts de liberté et de responsabilité sont régulièrement présents dans les livres que nous éditons. Réussir à gagner petit à petit en cohérence est un vrai plaisir.
Partage et permaculture… Ce que je fais sert à autre chose que mon besoin propre…

 

Qui a travaillé sur cette démarche ?

Aujourd’hui ce sont surtout Dominique et moi-même qui travaillons sur les tests et la mise en place des outils.

Des entreprises associées : Symétrie sur Lyon, B2CK en Belgique , Dominique Chabort au début sur la question de l’hébergement.

Un des problèmes aujourd’hui est clairement le temps insuffisant que nous parvenons à y consacrer.

Aujourd’hui, la place du SI est pour nous primordiale pour prendre soin comme nous le souhaitons de nos contacts, lecteurs, pour diffuser notre catalogue et faire notre métier.

 

Vous avez les compétences pour faire ça dans l’entreprise ?

Il est clair que nous avons plus que des compétences basiques. Elles sont essentiellement liées à nos parcours et à notre curiosité : si Dominique a une expérience de dev et chef de projet que je n’ai pas, depuis 1987 j’ai eu le temps de comprendre les fonctionnements, faire un peu de code, et d’assemblages de briques 😉

 

Combien de temps ça vous a pris ?

Je dirais que la démarche est réellement entamée depuis 2 ans (le jour ou j’ai hébergé sauvagement un serveur NextCloud sur un hébergement mutualisé chez OVH). Et aujourd’hui il nous faudrait un équivalent mi-temps pour rester dans les délais que nous souhaitons.

 

Ça vous a coûté de l’argent ?

Aujourd’hui ça nous coûte plus car les systèmes sont un peu en parallèle et que nous sommes passés de Google « qui ne coûte rien » à l’hébergement sur un VPS pour 400 € l’année environ. Mais en fait ce n’est pas un coût, c’est réellement un investissement.

Nous ne pensons pas que nos systèmes nous coûteront moins chers qu’actuellement. Mais nous estimons que pour la moitié du budget, chaque année, les coûts seront en réalité des investissements.

Les coûts ne seront plus pour l’utilisation des logiciels, mais pour les développements. Ainsi nous pensons maîtriser les évolutions, pour qu’ils aillent dans notre sens, avec une grande pérennité.

 

Quelles étapes avez-vous suivi lors de cette démarche  de dégooglisation ?

Ah… la méthodologie 🙂

Elle est totalement diffuse et varie au fil de l’eau.

Clairement, je n’ai AUCUNE méthode (c’est même très gênant par moment). Je dirais que je teste, je regarde si ça marche ou pas, et si ça marche moyen, je teste autre chose. Heureusement que Dominique me recadre un peu par moment.

Beaucoup d’échanges et de controverse. Surtout que le choix que nous faisons fait reposer la responsabilité sur nous si nous ni parvenons pas. Nous ne pouvons plus nous reposer sur « c’est le système qui ne fonctionne pas », « nous sommes bloqué·e·s par l’entreprise ». C’est ce choix qui est difficile à faire.

La démarche c’est les rencontres, les échanges, les témoignages d’expériences des uns et des autres…

Et puis surtout : qu’avons nous envie de faire, réellement…

Dans un premier cas, est-ce que cela me parle, me met en joie d’avoir un jolie SI tout neuf ? Ou cela nous aiderait au quotidien, mais aucune énergie de plus.

Dans l’option que nous prenons, l’idée de faire pour que cela aide aussi les autres éditeurs, que ce que nous créons participe à une construction globale est très réjouissant…

La stratégie est là : joie et partage.

Au début ?

Un peu perdu, peur de la complexité, comment trouver les partenaires qui ont la même philosophie que nous…

Mais finalement le monde libre n’est pas si grand, et les contacts se font bien.

 

Ensuite ?

Trouver les financements, et se lancer.

 

Et à ce jour, où en êtes-vous ?

À ce jour nous avons totalement remplacé les GoogleDrive, Hubic et Wetransfer par Nextcloud ; remplacé également GoogleHangout par Talk sur Nextcloud.

Facebook, Instagram et Twitter sont toujours là… Mais nous avons un compte sur Mastodon !

Youtube est toujours là… Mais le serveur Peertube est en cours de création et Funkwhale pour l’audio également.

Concernant l’administration de ces outils, je suis devenu un grand fan de Yunohost : une solution qui permet l’auto-hébergement de façon assez simple et avec communauté très dynamique.

Notre plus gros projet est dans le co-développement d’un ERP open source : Oplibris

Ce projet est né en 2018 après une étude du Coll.LIBRIS (l’association des éditeurs en Pays de la Loire) auprès d’une centaine d’éditeurs de livres. Nous avons constaté qu’il n’existait à ce jour aucune solution plébiscité par les éditeurs indépendants qui ont entre 10 et 1000 titres au catalogue. Nous avons rencontré un autre éditeur (Symétrie, sur Lyon) qui avait de son côté fait le même constat et commencé à utiliser Tryton. (je profite de l’occasion pour lancer un petit appel : si des dev flask et des designers ont envie de travailler ensemble sur ce projet, nous sommes preneurs !)

Migrer LMB, notre ERP actuel, vers Oplibris est vraiment notre plus gros chantier.

À partir de là, nous pourrons revoir nos sites internet qui viendront se nourrir dans ses bases et le nourrir en retour.

 

Combien de temps entre la décision et le début des actions ?

Entre la décision et le début des actions : environ 15 secondes. Par contre, entre le début des actions et les premières mise en place utilisateur environ 6 mois. Ceci dit, de nombreuses graines plantées depuis des années ne demandaient qu’à germer.

« Nous mettons de grosses contraintes éthiques »

Avant de migrer, avez-vous testé plusieurs outils au préalable ?

J’ai l’impression d’être toujours en test. Par exemple, Talk/Discussion sur Nextcloud ne répond qu’imparfaitement à notre besoin. Je préférerais Mattermost, mais le fait que Talk/Discussion soit inclus dans Nextcloud est un point important côté utilisateurs.

Nous mettons de grosses contraintes éthiques, de ce fait les choix se réduisent d’eux-mêmes, il ne reste plus beaucoup de solutions. Lorsqu’on en trouve une qui nous correspond c’est déjà énorme !

 

Avez-vous organisé un accompagnement des utilisateur⋅ices ?

L’équipe est assez réduite et plutôt que de prévoir de la documentation avec des captures écran ou de la vidéo, je préfère prendre du temps au téléphone ou en visio.

 

Prévoyez-vous des actions plus élaborées ?

Nous n’en sommes pas à ce stade, probablement que si le projet se développe et est apprécié par d’autres, des formations entre nous seront nécessaires.

 

Quels ont été les retours ?

Il y a régulièrement des remarques du genre : « Ah mais pourquoi je ne peux plus faire ça » et il faut expliquer qu’il faut faire différemment. Compliqué le changement des habitudes, ceci dit l’équipe est bien consciente de l’intérêt de la démarche.

 

Comment est constituée « l’équipe projet » ?

Dominique, B2CK, Symétrie.

 

Quelles difficultés avez-vous rencontrées ?

La difficulté majeure est de trouver le bon équilibre entre la cohérence des outils et l’efficacité nécessaire dans le cadre d’une entreprise.

Le frein majeur côté utilisateurs est de faire migrer les personnes qui utilisent encore Gmail pour le traitement de leur courriel. L’interface est si pratique et la recherche tellement puissante et rapide qu’il est compliqué de le quitter.

Une autre difficulté est d’ordre comptable et financier : comment contribuer financièrement à ce monde du logiciel libre ? Comment donner ? A quelles structures ? (aujourd’hui nos financements vont principalement au développement de Tryton).

 

Et l’avenir ? Envisagez-vous de continuer cette démarche pour l’appliquer à d’autres aspects de votre organisation ?

Côté création, j’aimerais beaucoup que nous puissions utiliser des outils libres tels que Scribus, Inkscape, Krita ou GIMP plutôt que la suite Adobe. Mais aujourd’hui ces outils ne sont pas adoptés par l’équipe de création car trop compliqués d’utilisation et pas nativement adaptés à l’impression en CMJN. Une alternative serait d’utiliser la suite Affinity (mais qui n’est pas open source…)

Quels conseils donneriez-vous à d’autres organisations qui se lanceraient dans la même démarche ?

Y prendre du plaisir ! Mine de rien, la démarche demande du temps et de l’attention. Il faut confier ça à des personnes qui prennent ça comme un jeu. Oubliez la notion de temps et de délais, optez pour les valeurs qui soient plus la finalité et le plaisir. Au pied de la montagne entre prendre le téléphérique ou le chemin à pied ce n’est pas le même projet, vous n’avez pas besoin des même moyens.

 

Le mot de la fin, pour donner envie de migrer vers les outils libres ?

Sommes-nous les outils que nous utilisons ? Libres ?

Quitter les réseaux sociaux centralisés est extrêmement complexe. Je manque encore de visibilité à ce sujet et ça risque d’être encore très long. J’ai proposé à l’équipe une migration totale sans clore les comptes mais avec un mot régulièrement posté pour dire « rejoignez-nous ici plutôt que là ». Mon rêve serait d’embarquer au moins une centaine d’entreprises dans une telle démarche pour tous faire sécession le même jour. Des volontaires ? 🙂

 

Aller plus loin

  • Fair-play, Albert ne nous l’a jamais demandé, il sait qu’on est un peu allergique à la pub, mais on vous donne quand même le lien vers le site des Éditions Pourpenser

Crédits

  • Illustrations réalisées par Albert sur Gégé  à partir de dessins de Gee
  • Photo de l’équipe avec des illustrations d’Aline de Pétigny et Laura Edon
  • Logo de pourpenser mis en couleurs par Galou